Il cane Angelo, i comitati d’affari, la presa del territorio

La Calabria delle contraddizioni e delle domande senza risposte

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    Il cane Angelo, barbaramente ucciso a Sangineto, diviene il simbolo di tutti gli animali vittime di maltrattamenti e soprusi. Affinchè il suo ricordo rimanga tangibile, volontari animalisti gli hanno dedicato una statua a Roma, inaugurata nel Parco Ravizza del quartiere Monteverde, su iniziativa delle Associazioni “Be Positive Factory”, “Animalisti Italiani Onlus” e “La Vela d’Oro”. L’opera scultorea, approvata dal XII Municipio, è stata realizzata da Alessandro Di Cola. Il caso del cane Angelo suscitò indignazione in tutta Italia per l’efferatezza usata dai quattro giovani nell’ucciderlo e per la spavalderia con cui pubblicarono le immagini sul web.

    Ne scaturì una manifestazione nazionale a Sangineto, in cui si condensarono rabbie diverse e differenti rancori. Intanto gli animalisti attendono la prima udienza del processo ma chiedono nel frattempo un inasprimento delle pene: nel nostro Paese, infatti, secondo la Legge 189 del 2004, che integra l’art. 727 del Codice Penale, per gli uccisori di un animale sono previsti da 3 a 18 mesi di carcere o un’ammenda pecuniaria (da 5000 a 30000 euro), poco in confronto a Paesi come la Germania, la Francia o la Svezia, in cui le pene sono più severe. Se è vero che “la civiltà di un uomo si misura da come tratta gli animali”, – frase di Gandhi adoperata come slogan della manifestazione – significa che non siamo messi bene. Se poi consideriamo anche come trattiamo il territorio, le sue risorse, chi lo abita o chi vi arriva, allora siamo messi anche peggio. E arriva tutto insieme il paradosso della nostra regione, la Calabria, che solo pochi giorni fa era stata designata all’estero come la migliore in campo culinario o per le sue bellezze. Conquiste faticosissime, spazzate via in un attimo dall’ultima inchiesta sugli intrecci affaristico-mafiosi dei clan Muto, Lanzino-Ruà-Patitucci, Piromalli.

    Cosa c’entra, quindi, il cane Angelo con i nodi perversi tra imprenditoria, ‘ndrangheta, comitati politico-istituzionali? C’entra, perchè segnala un malessere e una volontà di prevaricazione che si concentrano e designano ogni volta nuove vittime sacrificali: un animale, cane o gatto, una donna o un bambino, un giovane incensurato o un bene pubblico. Una Calabria che tira fuori le sue contraddizioni: giovani balordi che se la prendono con un cane e vi scagliano contro il loro vuoto esistenziale, giovani che sono attorcigliati tra l’impulso dell’impegno là dove i loro padri hanno fallito e la considerazione realistica che li porterebbe altrove, giovani che ereditano il fardello di appartenere a una famiglia di ‘ndranghetisti, ai quali forse la società non ha dato loro un’alternativa plausibile, giovani rampolli di impresari, che tentano la scalata in una terra vergine nonché puttana. A loro la Calabria, la sua gente, la sua Politica deve almeno una risposta, forse l’unica risposta buona per tutti, una risposta che è più una domanda: ce la possiamo fare ancora oppure aspettiamo che il Marsili e tutte le placche tettoniche la inghiottano, nuova Atlantide senza miti?

    Tania Paolino

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