‘Frosparo e il modo con cui la politica seleziona i candidati’

Il commento del piddino, Gabriele Petrone (nella foto a destra) sul candidato Angelo Cofone, Cetto La Qualunque calabrese

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    Nel segreto dell’urna, gli elettori di Acri, hanno premiato la simpatia di Angelo Cofone, detto Frosparo, il candidato a sostegno della lista guidata da Anna Vigliaturo, che in una settimana ha conquistato il web a colpi di frasi come “sono il commissario locale della Democrazia Cristiana” e “questo è un periodo di non grande serenità”.  Angelo Cofone non siederà sugli scranni del consiglio comunale di Acri per soli cinque voti. Ne ha ottenuto 138 a fronte dei 143 necessari. Tuttavia, il simpatico cittadino acrese è diventato un personaggio virale al punto che dovrebbe partecipare a un talk show Rai. Tuttavia, non tutti i commenti sul modo di presentarsi di Frosparo hanno suscitato consensi. C’è chi ha mosso considerazioni che fanno riflettere su come sia “finita in basso” la politica in Calabria. Su Facebook, interessante il commento del  piddino, Gabriele Petrone. Che scrive: “Non ho partecipato al coro dei commenti divertiti né al solito tentativo di buttarla in sociologia da accatto attorno al comizio di “Frosparo” ad Acri. Rilevo intanto che il soggetto in questione è stato preso sul serio da più di 250 cittadini acresi (138 ndr) che lo hanno votato a dispetto o forse anche in ragione del suo comizio alla Cetto La Qualunque che ha inondato il web ed ha anche attirato l’attenzione di autorevoli testate nazionali come il Corsera, Repubblica e Il Sole 24 ore. Non ho partecipato perché in quei lazzi ci ho visto molto razzismo antimeridionale: noi calabresi dovremmo chiederci perché Cetto La Qualunque Albanese lo ha identificato in un politico calabrese e non in qualche personaggio altrettanto folcloristico della Val Brembana o di qualche comune pedemontano lombardo o veneto. Chi è stato da quelle parti ed ha assistito a qualche comizio potrà certamente confermarvi che ce ne sono di altrettanto esilaranti nel loro dialetto di terroni del Nord. Del resto un partito che sceglie come proprio leader uno come Salvini il cui argomentare non si innalza quasi mai al di sopra dell’eloquio tipico da bar dello sport non è che possa essere assunto a modello letterario. Ma al di là di queste considerazioni ce n’è un’altra ancora più importante da fare: trovo infatti davvero figlio di un elitarismo insopportabile deridere un uomo per la sua ignoranza, soprattutto se consideriamo il fatto che spesso chi ride degli altri scambia il congiuntivo per una malattia”. Aggiunge Petrone: “Mi direte giustamente che qui non ci troviamo di fronte ad un qualsiasi personaggio di paese ma ad una persona che si candida a ricoprire il ruolo importante di rappresentante dei cittadini in un consiglio comunale. Giustissimo. Ma allora il problema è molto più di fondo e riveste il modo con cui la politica seleziona i propri candidati e li porta a ricoprire cariche istituzionali. Ma se questo è il tema dobbiamo interrogarci tutti su quanto la politica sia degradata e diventata incapace di svolgere un minimo di filtro rispetto alla società. Da almeno due decenni, dalla fine dei grandi partiti popolari che pure avevano costruito la democrazia in Italia consentendo anche al figlio del contadino e dell’operaio di assurgere a ruoli istituzionali, abbiamo ceduto alla retorica della “società civile” o, peggio, dell’uomo qualunque al governo, contrapponendola ad una politica dei partiti vista come il compendio di tutti i mali possibili. Quella politica portava si nei consigli comunali e nelle assemblee elettive anche i figli del popolo, spesso con la quinta elementare o appena alfabetizzati, ma li “preparava” al loro ruolo di rappresentanza. Tutti i grandi partiti erano anche straordinarie agenzie di formazione. Prima di farti salire su un palco ti faceva gli esami. Perché l’ignoranza non era una colpa ma per fare politica bisognava essere preparati, attenti, capaci di argomentare, di parlare in pubblico, di scrivere una lettera, di capire cosa fosse una delibera o un’ordinanza. Ne ho conosciuti tanti così: poca scuola ma capaci di tenere testa a tanti intellettuali da cortile di oggi. Si educava anche il popolo così: mio padre è stato un falegname con la quinta elementare ma non ne è andato mai fiero. Non aveva potuto studiare ma ha voluto che i suoi figli lo facessero perché percepiva la cultura come strumento di elevazione sociale.
    Così conclude l’esponente del Pd: “Oggi non è più così: siamo arrivati al paradosso che il cittadino qualunque, purché completamente nuovo alla politica, è sempre meglio del “politico” di professione.
    Ricordate quando negli splendidi romanzi di Guareschi il Cristo parlante di Don Camillo rimproverava il parroco per il suo vezzo di dare dell’asino a Peppone? E di come Peppone e i suoi compagni andassero di notte passando per i campi dalla vecchia maestra Cristina per prendere ripetizioni di grammatica perché della loro ignoranza si vergognavano?  Ebbene il vero problema di “Frosparo” non è il suo non saper parlare ma il non avere sentito il problema di prepararsi per andare ad esprimere la rappresentanza per la quale si è candidato. E ho il sospetto che, dopo la notorietà conquistata non ne sentirà più l’esigenza. D’altro canto perché vergognarsi di qualcosa che comunque lo ha fatto diventare un personaggio?”.

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