‘Il maestro e i rifugiati’, il Bulgakov di casa nostra

E' il titolo dell'ultimo report della Campagna LasciateCIEentrare sul Cas di Castiglione Cosentino

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    Chi finisce in un Cas, solitamente fugge da un Paese in guerra e si presume, quindi, che nella struttura debba trovare accoglienza e rispetto, benchè straordinari, ciò non di lunga durata. Questo purtroppo non sempre avviene, come testimonia la Campagna LasciateCIEntrare con i report che stila a seguito delle sue visite. Spesso, anzi, i centri sono vissuti dagli immigrati come dei luoghi di segregazione e ghettizzazione ed è frequente ascoltare dalla loro voce lo sfogo “Life in the camp is hard”, la vita nel campo è dura.

    A riprova di quanto affermiamo, arriva anche il report della delegazione costituita da Emilia Corea (Associazione “La Kasbah”), Luca Mannarino (attivista), Maurizio Alfano (attivista), Francesco Formisani (attivista), Luana Amendola (attivista), Fabrizio Liuzzi (attivista), i quali hanno visitato il centro di accoglienza straordinaria, che sorge all’interno dell’ex villaggio agrituristico di Benito Caldeo, situato a parecchi chilometri di distanza dal centro abitato, nel territorio di Castiglione Cosentino. In un incontro precedente, il signor Caldeo aveva riferito agli attivisti della Campagna di occuparsi personalmente di tutte le attività, con l’aiuto di sua moglie, autodefinendosi “maestro di vita e di moralità”, oltre che insegnante del corso di italiano, mediatore culturale, operatore legale e sanitario. Pare che la conversazione fosse poi proceduta a fatica, tra mezze risposte e divagazioni varie, e si fosse interrotta nel momento in cui aveva spiegato il ruolo e la natura dei cittadini all’interno della società. “Secondo il signor Caldeo, infatti, le persone sono “ombre” non meglio precisate mentre lui sarebbe, a suo dire, “l’unico uomo onesto rimasto in Italia”. – si legge nel report – Singolare la sua visione delle persone che portano orecchini e capelli lunghi. Aveva capito subito, infatti, i nostri “evidenti problemi psichici” e, a ragione, aveva affermato: “[…] uno che va in giro conciato in questo modo ha problemi seri di instabilità mentale ed esistenziale. Come pretendi di aiutare gli altri se tu stesso hai bisogno di aiuto? […]”.

    I ragazzi che vivevano nella struttura nel mese di Ottobre erano in 25 e provenivano dalla Nigeria, dalla Somalia, dalla Tunisia, dal Pakistan e dalla Guinea. Tra di loro 10 donne, di cui 2 incinte. Nessuno, in quel periodo, aveva formalizzato la richiesta di protezione internazionale. Ancora a distanza di qualche mese, gli attivisti erano stati contattati da alcuni dei richiedenti asilo precedentemente incontrati: a Gennaio, lamentavano condizioni di vita insopportabili, soprattutto a causa del freddo. Per riscaldarsi, erano costretti ad accendere un fuoco nel cortile. Nel frattempo, nel centro era nato un bambino, che più degli adulti era sottoposto a condizioni di vita difficili. Durante una sera particolarmente fredda, la madre lo aveva avvicinato a uno di questi fuochi comunitari e una scheggia lo aveva colpito sul piccolo viso, ustionandolo. Nei mesi successivi, le richieste di aiuto erano aumentate, a quelle degli ospiti si erano aggiunte le segnalazioni di persone autoctone. E in quest’ultima visita molti ancora hanno riferito di essere sprovvisti del permesso di soggiorno; alcuni sono riusciti ad ottenerlo solo grazie all’aiuto di amici italiani. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, hanno raccontato di essere sottoposti a visite mediche alle quali però non seguono le cure, in quanto le medicine non vengono comprate, nemmeno per le malattie più serie. L’ultima visita della Campagna LasciateCIEentrare ha dovuto purtroppo confermare, quindi, quella precedente: i 42 ospiti attuali, tra cui 8 donne e 2 minori, hanno riferito di essere stati sottoposti a minacce, seguite alle loro richieste di ottenimento del permesso di soggiorno, e di essere stati costretti a firmare un documento, alla presenza dei Carabinieri chiamati dal gestore, con cui veniva revocata l’accoglienza nel Cas. Infima considerazione si è registrata soprattutto nei confronti delle donne, considerate alla stregua di prostitute, povere sventurate invece, che in molti casi hanno subito violenze di ogni sorta sia prima che dopo il loro arrivo il Italia. “Donne poco più che bambine alle quali è stato strappato tutto, anche la possibilità di ricucire le ferite inferte dalla violenza e alle quali è stata attaccata al petto una lettera scarlatta da coloro a cui ne sono state affidate le esistenze”, si legge nel resoconto della visita. D’altronde, fino a quando i richiedenti asilo vengono visti come fonte di reddito e alla stregua di oggetti, se non si parla con loro pensando di avere di fronte essere umani, non si elimineranno i pregiudizi e le cose non cambieranno. A meno che non diventino materia di inchieste importanti o di indagini delle Procure…

    Tania Paolino

     

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