Silvia, storia di un’esistenza malata disinfettata dalla fede

Una svolta di fede e una scelta di rinascita. Questa è una vicenda che profuma di speranza. Un profumo che respirato con la bocca aperta e la mente rilassata, riconcilia con la vita, armonizzando l'anima e rigenerando mente e cuore

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    Questa è una storia che parla di fede, quella che guarisce. Questa è una storia che racconta di un percorso di rinascita. Un’inversione a “U” di un’anima tormentata, “sfregiata” dagli errori e disinfettata con l’unguento della fede e del perdono. Questa è la storia di suor Maria, ritornata alla vita dopo aver “steso” un velo sul suo passato. Per Silvia, la vita non è stata, masi, né una bella favola, né una buona madre, men che meno un’alleata. Silvia, nata 35 anni fa, nella più degradata periferia napoletana, ha sempre vissuto per strada. Senza giochi, senza carezze, senza divertimenti. Messa al mondo da due personalità, complicate e fragili, ha sempre dovuto fare i conti con le brutalità del mondo, s’è sempre dovuta difendere dai trabocchetti della vita, ha sempre cercato di schivare i boomerang dell’esistenza ed è finita spesso nella trappola delle amicizie sbagliate e delle occasioni perse. Tante, troppe volte, Silvia ha sprecato le sue fiches, puntandole sul tavolo delle opportunità. Mancate. Silvia ha sempre collezionato delusioni, come se fossero francobolli. Lei, grandi occhi verdi, “smagnetizzati” dalle difficoltà, un affascinante sorriso, non più in grado di “accendersi”, lunghi capelli castani, le occasioni perse le ha “affogate” nel vino e le ha fatte “macerare” in litri di alcolici, finendo per “cucinare” anche la parte più intima di se stessa. Silvia ha scelto la strada del “buco”, per tentare un’evasione dalla prigione della sua realtà. Silvia si è venduta, per una “storia” di fumo, si è “svenduta” per una bottiglia. Silvia, si è smarrita dentro se stessa, perdendosi per sempre. Silvia una domenica di 5 anni fa è salita su un treno, senza biglietto, ed è arrivata in Calabria. Diamante, Belvedere, Cetraro, Praia, Tortora, sono state le tappe di questo suo tour, senza meta, senza destinazione, senza progetti. Poi è arrivata a Cosenza. E, anche qui, è finita per strada. Mettendosi ancora una volta in vendita. Per pochi spiccioli, per dieci euro di sballo, per cinquanta euro di piacere. Silvia, sempre più persa dentro se stessa e sconnessa da se stessa, ha anche tentato di farla finita, progettando un salto nel vuoto. Da un ponte. Silvia, il cornicione del pericolo e della vita, l’aveva anche scavalcato e, chiudendo gli occhi, ha pensato alla sua vita, ha rivisto le sue delusioni, ha rivissuto le immagini di una vita, senza colori. Era fine maggio, quando s’è sentita chiamare. Era una voce delicata, una voce tranquillizzante, una voce amica. Era la voce di un sacerdote. Che, quella notte, passava di lì per caso. Era finito su quel ponte, per via di una deviazione obbligatoria. Il sacerdote e Silvia hanno iniziato a parlare. Della vita, di Dio, di misericordia, di perdono, di scelte, di libero arbitrio e di perché. Sì, di perché. Quei tanti che Silvia rincorreva, quei tanti ai quali cercava di dare una risposta. E, proprio quella notte, Silvia s’è resa conto che era inchiodata ad una croce. E, a quella croce ha deciso di aggrapparsi, per rimanere attaccata alla vita. E, proprio con quella croce, ha detto “vade retro” al suo doloroso passato. Silvia è scesa da quel ponte e s’è fidata e affidata a quel prete che, parlando la lingua universale del cuore, l’ha convinta a non perdere, ulteriormente, la parte più buona di se stessa. Silvia ha deciso di seguire un percorso di rinascita, incamminandosi lungo un sentiero di disintossicazione e consapevolezza. Silvia è salita sulle montagne russe dell’esistenza, ha scalato le vette della paura, s’è arrampicata fino a Dio, per chiedere aiuto. Per rinascere. Ed è lungo questo sentiero che ha incontrato se stessa, incontrando la sua vita, ricongiungendosi con quella parte più genuina e vera di se stessa, intenta a rincorrere, tra i vicoli della periferia napoletana, il suo futuro. Silvia si è lasciata guarire e disinfettare, dalle parole, dagli esempi, dagli altri. E, ha scoperto la grandezza della vita. Ha scoperto la bellezza dell’esistenza dentro un velo e una tonaca. Silvia ha deciso di entrare in convento, “sposandosi” con la sua nuova vita. Silvia si è spogliata del suo passato, si è denudata dei suoi dolori, si è “struccata” dai segni delle delusioni e si è “battezzata” Maria. Come la Madonna, come il simbolo per eccellenza della Nascita, come l’emblema della rinascita, come la santificazione della vita. Suor Maria è in viaggio per la Sicilia, meta del suo lungo pellegrinaggio verso se stessa e la sua pace interiore. Quella che cerca da tutta una vita. Quella che ha ritrovato, restando aggrappata alla vita e ad una croce.

    Carmine Calabrese

     

    Immagine di repertorio

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