Omicidio a Cariati: la casa dell’orrore continua a

Ancora in fuga il 'quarto uomo' implicato nell'assassinio di Zinkenko 

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    La casa dell’orrore e l’assassino in fuga. Le prove certe e le verità nascoste. Sono questi i “punti cardinali” del giallo di Cariati, risolto a tempo record dai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, in collaborazione con gli uomini dell’Arma di Rossano, Cariati, Corigliano, Cirò e Torretta di Crucoli.

    Seppur per l’omicidio di Yiuri Zinkenko, sono finiti in manette Mihail Dimitriks, Iana koshova e Liudmyla Popova, “ospiti” del carcere di Castrovillari, ancora sul delitto del 46enne, ci sono ancora tanti tasselli da incastrare al puzzle delle prove. A cominciare dalla cattura del quarto “messaggero” di morte che, assieme ai suoi complici, ha avuto un ruolo attivo e, forse, determinante, nell’esecuzione dell’ucraino, “condannato” per questione di natura economica. Poi c’è l’appartamento di Torretta di Crucoli, indicato dagli inquirenti, come scena del delitto che, continua a ”parlare”. In quell’appartamento, abitato da Zinkenko e dalla Popova, il sangue della vittima e le tracce biologiche ed organiche dei suoi spietati carnefici, sono diventati “complementi d’arredo”.

    Il 46enne, prima di essere “finito” con colpi di pistola alla testa, al volto e al petto, è stato picchiato e e accoltellato. Non solo. Da quello che emerge dai riscontri investigativi, sembrerebbe che Zinkenko sia stato “punito” per questioni di soldi. Il 46enne, infatti, svolgeva il ruolo di mediatore, attivo nella collocazione di badanti, dame di compagnia, braccianti agricoli e camerieri presso famiglie e locali pubblici del territorio. Qualche clausola del “contratto”, però, non deve essere piaciuta e Zinkenko l’ha pagata cara. Subito dopo il delitto, sempre secondo la ricostruzione dei carabinieri e le convinzioni del procuratore capo della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, le due donne, lavorando di gomito hanno ripulito la casa, tentando di cancellare, con secchiate di ammoniaca e disinfettante, le tracce della colluttazione e del delitto. Mentre, Mihails e l’altro killer in fuga, si sono preoccupati di far sparire il corpo, nascondendolo sotto le coperte nel bagagliaio di un’Opel verde metallizzata, “piantata” vicino alla spiaggia di Cariati. I quattro, per evitare intoppi, pensando di aver organizzato, pianificato, pensato e messo in atto il delitto perfetto, hanno utilizzato due auto differenti. Per passare inosservati, per non dare nell’occhio, per fingersi quasi “invisibili”

    . Arrivati a Vascerello, contrada di Cariati, dove è stato rinvenuto il corpo di Zinkenko, Mihails, Iana, Liudmyla e il “quarto uomo”, hanno pensato di avercela fatta. Di non aver commesso errori e di aver coperto bene le tracce. Ma, come insegna la letteratura, come ribadisce la legge e come ricorda la criminologia: il delitto perfetto non esiste. Mihails, Iana e Liudmyla, lo stanno sperimentando sulle loro vite. “Intrappolate” dentro stanze, distanti dall’orizzonte, dalla vita e dalla realtà. L’assassino, invece, continua la sua fuga. Ma, anche lui, ad uno stop dovrà fermarsi.

    Carmine Calabrese

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