CALCIO. Corsi e ricorsi pallonari

IL COMMENTO. Le “scivolate” tecniche e le “balbuzie” tattiche e caratteriali mostrate dal Cosenza, dentro e fuori il “Marulla”, stanno facendo venire i brividi ai tifosi rossoblù.

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    L’avvio shocking del campionato, ha il sapore, disgustoso e amaro, del deja vu. Era il 2014, l’anno di Roberto Cappellacci, al suo esordio sulla panchina del Cosenza. Anche l’inizio di quel campionato, fu al cardiopalma. Il trainer di Tortoreto, altro “filosofo” del calcio-spettacolo, fu scelto da Ciccio Marino che, pur di averlo sulla panchina dei Lupi, gli fece una marcatura ad uomo, costringendolo al “sì”. Il trainer, accolto con entusiasmo in riva al Crati, arrivò con una carta d’identità da vincente: il suo calcio, votato all’attacco e allo spettacolo, aveva convinto il diesse, stregato Guarascio, affascinato la piazza, entusiasmato l’ambiente. Desideroso di tornare nell’Olimpo del calcio. Quello che conta, quello da cui i rossoblù sono stati “sfrattati” nel 2003. L’anno della X, l’anno della fine di un sogno, l’anno del buio pallonaro. Roberto Cappellacci, arrivò a Cosenza, ma quello che lui predicava in settimana, la squadra non riusciva ad applicare in campo. E, alla domenica, per la squadra erano fischi, per Guarascio contestazioni, per Cappellacci frecciate, anche pesanti, fuori dal campo e dentro i social. Per l’ambiente dolori, dolori di pancia, dolori di fegato e sussulti al cuore. Dopo lo scivolone interno con la Juve Stabia, la piazza non perdonò al tecnico di Tortoreto e alla squadra l’alto “tradimento” dei colori, della maglia e della storia dei Lupi. Il patron Guarascio, al di là di quelle che erano, sono state e sono le considerazioni generali della piazza nei suoi confronti, fu allora ed è, ancora, l’unico a investire nel Cosenza. Fu lo stesso patron che, forse, più per “guarire” i mal di pancia della tifoseria che per sua reale intenzione, firmò il benservito a Cappellacci, orientando scelta e futuro su Giorgio Roselli. Il resto della storia, è noto a tutti. Oggi, esattamente a tre anni di distanza, il Cosenza, con in panchina un teorico del calcio-champagne e del gioco spettacolare, si ritrova nella stessa situazione di allora. Gaetano Fontana, dopo 4 partite di campionato e una di Coppa Italia, si ritrova già sul banco degli imputati. Le accuse a suo carico sono svariate. Si va dalla mancanza di un’anima della squadra, all’assenza di gioco, dalla sterilità degli attaccanti, alla mancata spinta degli esterni sulle fasce, dalle distrazioni singole, alle amnesie collettive, dalla mancanza di cattiveria agonistica, all’essere di Catanzaro. Mister Fontana, finito nel tritacarne delle polemiche virtuali e dei fischi reali di contestazione, resta al suo posto. I nomi che circolano da giorni (Toscano, per lui sarebbe un ritorno; Brevi e D’Angelo, assicurano i ben informati, sono stati contattati ma, per un semplice pour parler., ndr). Il calcio è spietato. In fatto di regole. Se una squadra non gira paga il tecnico. Per tutti, accollandosi anche colpe e responsabilità non sue. Ma, non sempre, l’esonero è la medicina migliore. Liquidare un tecnico, dopo appena quattro partite e con, ancora, tutto il tempo per trovare una soluzione e permettere alla squadra di raggiungere una perfetta amalgama, tecnica, tattica, agonistica ed empatica, sarebbe un errore. Imperdonabile e, probabilmente, anche inutile. Certo, c’è anche da dire, che Cosenza, come tante altre realtà, è una città che troppo spesso, manca di equilibrio. Se ci fosse stato un ben altro inizio, ora Fontana sarebbe un semidio, Guarascio un idolo e Trinchera, utilizzo un termine forte e pecco di blasfemia, un “padreterno”. Calcistico. L’inizio stentato ha dato, invece, i suoi verdetti: Fontana è “nu ciucciu e presuntuosu”, Guarascio di “palluni un ci capiscia nenti” e Trinchera è stato buono a “ni rifilà sulu pacchi”. Che siamo già in serie D e che non abbiamo nessuna chance di rialzarci. Il vero limite di questa piazza è proprio questo: la mancanza di pazienza o, forse, la frettolosità nei giudizi. Quelli più negativi. Soprattutto. Siamo davvero sicuri che le colpe siano tutte di Fontana? Siamo davvero sicuri che l’ex tecnico della Juve Stabia, sia davvero così “integralista” nelle idee e nella sua visione del calcio, da non rendersi conto che questa squadra ha un problema? Siamo davvero sicuri che Fontana, voglia “bruciarsi” un’annata di riscatto o un’occasione di rilancio? Siamo davvero sicuri che fischiare la squadra, contestare il presidente, disertare lo stadio, lapidare Trinchera, sia la “cura” per guarire il Cosenza? Questa squadra, ne siamo consapevoli tutti, ha bisogno di tempo e ha bisogno di entusiasmo e fiducia. Questa fiducia, per quello che mi riguarda, sento di accordargliela. Poi saranno il campo, i risultati, le motivazioni, l’agonismo e tutto il resto a dirmi se c’ho visto giusto. Io a questo mister ci credo, credo in questa squadra e credo in Guarascio.

    Carmine Calabrese

    Foto di Raffaele Morrone

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