Progetto Azadi, ‘La morte della Ricerca’

"La colpa è dei tagli strutturali adoperati nella scelta istituzionale dei governi nazionali e transnazionali"

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    Comunicato di progetto Azadi sulla ricerca nelle università.

    Le università italiane versano in condizioni di grave crisi culturale ed economica, nonché esistenziale; ciò e dovuto ai famosi tagli strutturali adoperati nella scelta istituzionale dagli apparati burocratici che dipendono dai governi nazionali e transnazionali, e da un’inversione di rotta che direzione l’essenza del sapere: da critico a mera merce da sfruttare nel mercato globale. Una dismissione in senso neoliberale: l’università è sempre più privata, aziendalizzata, escludente, succube dei profitti.

    I dati parlano chiaro:l’Italia spende meno di tutti paesi nell’Università (0,8% del Pil) e investe per l’istruzione di ogni studente universitario 7815 dollari all’anno ( la media Ocse è di oltre dodicimila), l’università italiana ha la percentuale più bassa di laureati tra la popolazione dell’intera Unione Europea.

    Dalla legge Gelmini in poi c’è stato un ancor più evidente appiattimento critico e culturale e la diffusione sempre maggiore della precarietà. Infatti un altro dato simbolico è che oltre la metà della ricerca universitaria è condotta da figure precarie. I ricercatori e i dottorandi vivono una situazione di precarietà ed incertezza lavorativa dovuta al sottofinanziamento degli atenei, alla disponibilità di estemporanei fondi di un dipartimento, di un singolo professore, di progetti o consulenze private. Ancora peggiore è la condizione degli assegnisti di ricerca che in molti casi sono costretti a lavorare gratuitamente, a condizioni di semischiavismo e grande ricattabilità.

    Questo meccanismo sfocia spesso anche in situazioni di dannoso ed esasperato individualismo competitivo. L’università della Calabria non è esente da tutto ciò, anzi: per l’ennesimo anno gli organi d’ateneo con un ulteriore ipocrita evento vetrina tentano di mascherare il vero stato di salute dell’università, in cui la ricerca del settore scientifico funziona grazie a investimenti privati, mentre per quello umanistico le già poche risorse diminuiscono. Gli studenti come i professori sono entusiasti di aderire e promuovere questa nuova passerella, tranne poi tornare alla loro dimensione apatica nel resto dell’anno accademico. Magnifico Rettore Crisci è sbagliato pensare di far vivere l’università un giorno all’anno! Visto che questo è un Campus, aggregazione e socialità dovrebbero essere centrali nella vita dell’ateneo. Invece di essere ostacolata e/o proibita la cultura dal basso, che dà vitalità e partecipazione attiva alla vita dell’ateneo, andrebbe incentivata o comunque lasciata esprimere liberamente.

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