Laura, un’esistenza in rinascita

La giovane è rimasta sepolta sotto le macerie di se stessa

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    La “collezionista” di incontri. Occasionali, passionali, perversi. E, fasulli. Laura, occhi spenti, viso tirato, labbra che tremano, di paura e di vergogna, è una delle tante ospiti di una casa famiglia. Lontana dalla città. Una casa che è diventata la sua dimora, la sua consolazione, la sua famiglia. Quella che ha avuto, quella che aveva e ha “sepolto” sotto le macerie della sua stessa esistenza. Fatta di errori, fatta di sbagli, fatta di istinti, fatta di rabbia. Laura, è diventata vittima e carnefice di se stessa. Per colpa, di una relazione sentimentale, finita male. Tra tradimenti confessati, mancanze rinfacciate, errori commessi e un abito bianco, da sposa, rimasto “aggrappato” ad una gruccia, dentro un armadio. Sì, perché Laura, si sarebbe dovuta sposare. Si sarebbe voluta sposare. Con Alberto, un tempo amico, diventato poi rifugio, confidente, confessore, amore. Laura, con Alberto, credeva di aver trovato l’Amore. Quello delle favole. Quello che, un giorno, ti prende per mano e ti trascina dentro una favola.

    Trasformandola, trasformandosi. Ma Alberto, dietro quella parvenza di bravo ragazzo, di uomo perbene, di “difensore” dei sani principi, nascondeva un’altra verità. Era fidanzato, ufficialmente. Con un’altra donna, residente in Puglia. Dalla quale aveva avuto un figlio. Fino all’ultimo, Alberto ha recitato la sua “piece”, fino all’ultimo, il promesso sposo ha giurato fedeltà alla sua Laura, facendola sentire importante, facendola sentire unica, facendola sentire principessa. Il mondo di Alberto, però, è crollato, per caso. Un giorno, era una domenica. Il telefono di Alberto, non smetteva di squillare, un ping pong di telefonate e messaggi. Laura, mentre Alberto, era sotto la doccia, non ha resistito a quel “richiamo”, un po’ istintivo, un po’ di curiosità, e ha preso il cellulare. Terribile. Ha scoperto che quello che credeva “suo”, non lo era, non lo sarebbe mai stato. Laura, si è resa conto di essere un’occasione, una distrazione, una seconda scelta. Anche se, con la morte nel cuore e con quel profumo di fiori d’arancio, diventato, immediatamente, allergico, insopportabile, irrespirabile, laura non ha detto nulla. Non ha fatto nulla. Per giorni. Laura, non sapeva che un dolore non affrontato, non condiviso, non raccontato, diventa un peso. Ingestibile. Diventa un “demone” che succhia energia, che si divora le cellule della speranza, che si nutre delle molecole della rabbia. Laura, si è progressivamente spenta. Si è sentita spenta. Una mattina, ha fatto una valigia, ha messo tutto in auto ed è partita. Facendo perdere le sue tracce per giorni. Laura, si è disinteressata di tutto. Della sua famiglia, dei suoi amici, della sua compostezza, della sua intelligenza. Laura, è diventata un “burattino”, gestito da un malvagio Mangiafuoco. Laura, ha scelto di “vendicarsi” di Alberto, di “vendicarsi” con gli uomini. Dandogli la colpa, dandosi. Laura, ha cominciato a “collezionare” amori, incontri, relazioni.

    Laura ha trasformato la sua vita, in un “”bordello””. Senza regole, senza luce, senza aria, senza speranza, senza futuro. E, forse, anche senza passato e senza presente. Laura, ha frequentato, contemporaneamente, tre persone: un impiegato di banca, un segretario, un commercialista. Ognuno, con un suo stile, ognuno con una sua personalità, ognuno con uno scopo: divertirsi, con quella mora, dai capelli mossi, dagli occhi grandi, dalle montature sgargianti, dalle pose da pin up e dalle labbra “affamate” di carne, di vendetta, di cattiveria. Laura, non è riuscita più a dominare la rabbia, non è riuscita più a “dominarsi”. Laura, ha finito per distruggersi. Ha cercato la pace, non interiore, dei sensi dentro una bottiglia, ha cercato di “affogare” il dolore in un cocktail di whisky e medicine, ha preferito diventare un oggetto, sentirsi un oggetto, trattarsi e farsi trattare come una bambola. Sgonfia. Laura, è finita in ospedale tante volte, è finita per strada, è diventata l’amica degli sbandati, dei soli, dei disperati. Laura, s’è trasformata in una “fatalona”. Una di quelle raccontate da Fellini, una di quelle sceneggiate da Ozpetek, una di quelle che la rabbia ha reso “brutta”. Di giorno, di notte, sempre. Laura è stata soccorsa. I medici l’hanno salvata dall’ennesimo cocktail, micidiale. Laura è stata curata ma, ancora non è totalmente “guarita”. Le ferite dentro sono tante. A differenza di quelle esteriori, non si possono coprire con “batuffolate” di trucchi, con “ripassate” di correttore. Laura guarirà. Glielo stanno insegnando le suore, i volontari, gli educatori, gli psicologici. Laura, tornerà quella di prima. Solo se, prima di tutto, riuscirà a far pace con se stessa. Perché prima di perdonare, di guarire, di ripartire nuovamente, bisogna perdonarsi.

    Carmine Calabrese

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