Cosenza, la festa continua. Tutti vogliono restare ‘Lupi’

Dopo la promozione in B si punta a costruire un progetto entusiasmante

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    Una tribù che, ancora, B…alla. Cosenza, da sabato sera è la città della festa. Una festa di passione e di colore, rigorosamente rossoblù, che ha coinvolto tutti. Piccoli e grandi. Non si parla altro che dei Lupi e di un’impresa che, ha dell’incredibile, del magico, del magnifico, dello straordinario. La città si è riscoperta innamorata persa della sua squadra. Le vetrine dei negozi, gli angoli delle strade, i balconi, sono addobbati di bandiere. Las serie B, un traguardo impensabile per come si era messo all’inizio il campionato, è diventata realtà. Si sogna, in grande. L’esodo di Pescara ma anche la festa in città e l’adunata collettiva dello stadio, sono e resteranno le più belle diapositive di questo fantastico 2018. Almeno dal punto di vista calcistico. Piero Braglia e i suoi hanno fatto un lavoro straordinario. Una vittoria del cuore, della grinta e dell’orgoglio. Il patron Eugenio Guarascio, ha vinto la sua scommessa.

    La più difficile. Lui, ottimista di natura, vincente per forma mentis e per dna, non ha mai smesso di credere nell’impresa. Non ha mai “ammainato” la bandiera della speranza, nemmeno quando, gran parte della tifoseria era contro di lui. L’eco della festa è ancora nell’aria. Il patron è già seduto dietro la scrivania a progettare, con i suoi più stretti collaboratori, il futuro del Cosenza. Il primo tassello è la riconferma in panchina di Braglia. Il “re Lupo”, se l’è conquistata, con pieno merito. Per un altro anno, sarà l’uomo immagine dei Lupi. Il tecnico toscano, sin dal suo arrivo al capezzale della squadra, ha lavorato, non solo, per guarire il Cosenza dai suoi limiti tecnici, dalle sue amnesie tattiche, dai suoi squilibri organizzativi e temperamentali ma, ha risollevato la squadra, anche dal punto di vista psicologico, restituendole fiducia, dandole una precisa impronta caratteriale e trasformandola in un gruppo. La pazienza, la bravura, la saggezza del tecnico toscano, anche lui con il pedigree da vincente, hanno fatto tutto il resto. Già, tutto il resto. Tutto il resto, è l’armonia, la voglia, la coesione di un valoroso gruppo di uomini prima e di calciatori dopo, capaci di diventare una famiglia. Perchè, è questo il segreto di questo Cosenza. Essere una famiglia, sentirsi una famiglia. Questo senso di famiglia è percepito e si percepisce, quotidianamente.

    Nessuno, all’interno di questo gruppo, vorrebbe lasciare Cosenza. Corsi, capitano coraggioso, arrivato al suo quinto anno consecutivo in riva al Crati, vorrebbe firmare a vita. Lui, ormai il rossoblù, ce l’ha addosso, come se fosse pelle. Anche chi è arrivato dopo, Perez e Okereke, su tutti, vogliono restare qui. Il primo, strappato nella finestra invernale di mercato ad un’agguerrita concorrenza, è blindato fino al 2020. L’estroso “velocista”, invece, è di proprietà dello Spezia. Stesso discorso vale per Tutino, esploso grazie a Braglia e maturato con Braglia. Diverse formazioni di serie B, hanno messo gli occhi su di lui. Ma, lo “scugnizzo” di fare le valigie, non ne ha nessuna intenzione. Guarascio, Braglia e il diesse Trinchera (ha ancora un altro anno di contratto, ndc) dovranno lavorare in sinergia per definire precise strategie di mercato. Ci sono giocatori in scadenza (Calamai, Mungo e Loviso, Pascali, D’Orazio, Baclet (uomo della “Provvidenza”), ndc), così come ci sono prestiti che rientreranno alla base (Palmiero al Napoli, Trovato alla Fiorentina, Zommers al Parma, Boniotti al Brescia e Ramos al Parma, Camigliano al Cittadella, ndc). Così come ci sono anche i “ritorni”: Pietro Perina, Ettore Mendicino, e una nutrita fucina di giovani: Bilotta, Pellegrini, Stanges e Iudicelli, mandati altrove a farsi le “ossa, ndc). Cosenza e il Cosenza sono in festa. E, B…allano. E, nessuno, proprio nessuno, vuole lasciare questa festa.

    Carmine Calabrese

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