Ordine agronomi Calabria: ‘Servono competenze e pianificazione per evitare disastri e contenere il rischio idrogeologico’

Cufari: “non tutti sono esperti di agricoltura e profondi conoscitori della gestione dei boschi”

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    “Se dobbiamo curarci correttamente ci rivolgiamo a un medico, se dobbiamo procedere con un’azione legale, ci rivolgiamo a un avvocato, per un progetto di un edificio, facciamo riferimento a un ingegnere o architetto, mentre nel caso sia necessario intervenire in agricoltura, per progettare un frutteto o diagnosticare una malattia che colpisce una pianta, o prevedere interventi colturali in un bosco per garantire il suo sviluppo o stimarne il valore, tutti hanno voce in capitolo, dall’avvocato che passa le sue domeniche a ‘camminare’ per i boschi alla massaia che cura la sua piantina di prezzemolo sul davanzale della finestra. Un po’ come se tutti possano essere esperti di agricoltura e profondi conoscitori della gestione dei boschi”. Queste le parole con cui Francesco Cufari, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori forestali della Calabria, stigmatizza alcuni atteggiamenti e dichiarazioni degli ultimi giorni in ambito agricolo e forestale.

    Il presidente dell’Ordine continua la sua disamina dell’attuale situazione, ricordando alcuni dati ed eventi, molto significativi: “Concordo con quanto affermato dal sottosegretario all’agricoltura, Giuseppe L’Abbate, al XVII Congresso Nazionale dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali svoltosi a Matera dal 7 al 9 novembre: ‘Il caso Xylella sarà ricordato come una pagina nera della storia di questo Paese, in cui l’anti-scienza ha vinto sulla Scienza’, perché l’azione di alcuni scriteriati incompetenti ha determinato un grave danno all’economia, non solo di una regione ma dell’intero comparto olivicolo nazionale ritardando le azioni di eradicazione del patogeno e permettendo la sua veloce diffusione. Non parliamo poi di quanto si sentenzia riguardo il nostro prezioso patrimonio forestale.

    Nonostante importanti associazioni ambientaliste, come Legambiente, al secondo Forum nazionale sulla bioeconomia delle foreste abbia messo in evidenza la necessità di procedere a una diffusa e condivisa gestione forestale sostenibile presentando 10 proposte per tutelare il patrimonio e migliorare la ‘governance boschiva’, esiste ancora qualcuno in Calabria che afferma che i boschi non devono essere toccati ma lasciati al loro naturale destino e si diletta a sostituirsi ai professionisti della materia. A tal proposito, proprio riguardo la forestazione, voglio fare alcune brevi considerazioni: cento anni fa in Europa c’erano meno foreste di oggi. Le foreste ricoprono il 33% della superficie dell’Europa. Ogni anno crescono di una superficie di 9.500 km quadrati, pari a 1 milione e duecentomila campi di calcio. Anche l’Italia fa parte di questa tendenza. Il fatto che ci siano più foreste di un secolo fa è una buona notizia. Tuttavia, la ragione principale dietro a questa tendenza è l’abbandono legato a fattori socio-economici delle zone marginali e la migrazione verso le città.

    Quindi sì, la foresta è tornata, ma spesso il presidio del territorio, tanto utile per la protezione da disastri ambientali, è venuto a mancare. Il bosco serve all’uomo per la raccolta del legno, ma anche per proteggere città e villaggi dalle frane, dalla caduta di massi, dall’erosione e dalle colate di fango che purtroppo negli ultimi decenni hanno troppo spesso causato vittime. I boschi garantiscono inoltre la sopravvivenza di specifici ecosistemi, e aiutano nella lotta all’inquinamento, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno. Qui, entra in gioco la pianificazione: solo i dottori agronomi e forestali hanno tutte le competenze per decidere, in base alle necessità, di dedicare un certo territorio alla produzione di legname, oppure alla difesa di uno specifico ecosistema, o dell’assetto idrogeologico, assieme alla possibilità per l’uomo di utilizzare quel territorio per scopi ricreazionali e turistici. In Italia, soltanto il 15,7% delle foreste (1,3 milioni di ettari) è soggetto a pianificazione, e soltanto il 9% è certificato (ha ottenuto una garanzia internazionale di sostenibilità).

    Un aumento delle foreste ecosostenibili in Italia porterebbe al nostro territorio negli anni molti vantaggi. Tra questi, una forte riduzione del rischio idrogeologico, quindi una diminuzione del numero di danni e vittime e una maggiore occupazione nel settore forestale e del legno. Non solo, un bosco ben gestito, permetterebbe di prevenire e contenere gli incendi che tante preoccupazione e danni hanno creato in questi ultimi anni nei nostri territori. Solo un bosco gestito e curato attivamente da professionisti competenti, può rappresentare una risorsa sia per l’intero territorio che per la comunità che con esso vive evitando l’abbandono di tali aree e favorendo la conservazione allo stesso tempo delle risorse naturali e proteggendone la biodiversità. Evitiamo quindi, che anche questa volta l’anti-scienza vinca sulla Scienza”, conclude.

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