“Sono un critico da marciapiede con la testa tra le nuvole”

Roberto Sottile, critico d'arte e curatore, in questa intervista si racconta

Più informazioni su


    Cosenza, Alessia Rausa

    Chi conosce Roberto Sottile conosce bene il suo talento e la sua passione. Un percorso professionale brillante, segnato da tante iniziative di prestigio culturale. Solo nel corso del 2015 e 2016, tra le più importanti vale la pena ricordare il suo impegno come assistente alla curatela e segreteria organizzativa della mostra Alberto Burri e i Poeti a cura di Bruno Corà e Tonino Sicoli presso il Maon di Rende. Lo scorso 15 ottobre a Bologna è stata inaugurata “Fluid Memories” installazione di 300 metri quadrati dell’artista fotografo Giuseppe Lo Schiavo. Un progetto sperimentale in un contesto industrializzato. Di che si tratta?

    “È un progetto sperimentale perché per la prima volta al centro dell’idea artistica di Giuseppe Lo Schiavo c’è una installazione realizzata utilizzando la metallina termica, elemento caratterizzante del suo ciclo fotografico “Wind Sculptures”. Lo spettatore si troverà davanti questa memoria concreta tangibile collocata all’interno di uno spazio industrializzato vissuto quotidianamente. Una sperimentazione artistica che vuole ragionare sull’idea di una memoria fluida, in movimento con il contesto, capace però di generare una nuova memoria”.

    Una installazione realizzata da un artista fotografo. “Questo è l’aspetto più interessante. “Fluid Memories” nasce chiaramente da una visione figlia del ciclo “Wind Sculptures” un progetto importante e di notevole successo. C’era adesso l’esigenza di sperimentare di interagire con lo spazio, di andare oltre la fotografia attraverso però un’immagine capace di conservare in essa oltre all’aspetto visivo anche quelle percezioni che mi auguro lo spettatore possa cogliere. Mi riferisco al suono-rumore della metallina, alla sua percezione visiva nel contesto urbano, alla sua fluidità e alla sua capacità di relazionarsi con il tempo e con lo spazio. Un progetto tridimensionale chiamiamolo così, una grande opera di land art dal gusto pop! che ha riscosso molto successo”.

    Partendo dalle tue parole: “A tutti è concesso il piacere della poesia e della sua eredità, a pochi la possibilità dell’intesa”, quale poesia e quale intesa ha il progetto “Fluid Memories”? “Devo dire che tutta la produzione artistica di Giuseppe è poetica. Il brano del testo citato fa parte di questo mio testo scritto sul lavoro dell’artista dal titolo “Poesia. Il Visibile è l’Istante”. Partendo dal titolo di questo testo posso affermare che la ricerca di Giuseppe Lo Schiavo è una continua ricerca di poesia. Le sue azioni sono il risultato della continua esigenza di catturare ciò che è visibile attraverso la percezione dell’istante, mediante una delicatezza ed un punto di vista emozionale lirico. Un percorso artistico capace di raccontarsi riuscendo sempre a restare non al di sopra delle parti, con freddezza e cinismo, ma il talento di Giuseppe sta nella sua capacità di sentirsi parte integrante di quella visione, di quelle energie. La coscienza della nostra quotidianità spesso ci sfugge, e Giuseppe Lo Schiavo ci offre con la sua arte l’opportunità di riconnetterci con noi stessi e con ciò che ci circonda”.

    Parliamo di Milano che per te significa “Spirale d’Idee” con cui hai realizzato importanti progetti. “Si. Importanti progetti in poco più di dodici mesi e ne sono molto orgoglioso. Dal volume Dune sull’artista Giuseppe Amadio con un mio scritto e testi di Vittorio Sgarbi e Luca Beatrice. Il catalogo per ArteGenova2016 sui lavori dell’artista Carlo PIterà. E poi il volume Hector&Hector no Terra, dove oltre al mio testo ci sono gli scritti di Maurizio Vanni e Luca Nannipieri. A seguito di questo volume ho curato poi la mostra dell’artista presso il Maon di Rende, dopo la tappa presso il Museo d’arte contemporanea di Lucca. Milano significa anche la mia partecipazione con un testo in catalogo alla mostra “Paolo De Cuarto, lo faccio domani” realizzata presso la Galleria il Castello. E senza entrare troppo nei dettagli, sempre con “Spirale d’Idee” sta per concretizzarsi un nuovo progetto di studio e ricerca in cui mi occuperò della curatela scientifica, però di cui adesso non posso dire nulla. Progetti di primissimo piano che mi hanno dato la possibilità di fare ciò che amo fare di più: scrivere”!

    Che rapporto hai con la scrittura? “Oserei dire un rapporto morboso. Sono molto attento in questa ricerca. Perché ho la consapevolezza che la scrittura è un mezzo attraverso il quale, chi lo desidera, può avvicinarsi maggiormente al sapore di un percorso artistico, oppure può gustarne uno diverso. Ecco perché le regole da seguire sono fondamentali: Non prendere in giro chi legge; non usare dei tecnicismi o meglio ancora dei “criticismi” che confondono il lettore, che spesso decide di fermarsi dopo le prime righe; poi essenzialità e concretezza. Ho dei buoni maestri che mi hanno insegnato bene”.

    Ho letto sul tuo sito dell’inizio della tua collaborazione con l’artista Francesco Speciale. “Una collaborazione che prenderà forma e sostanza con la pubblicazione del catalogo dell’artista in corso di realizzazione. Il lavoro di Francesco è un lavoro molto attento e particolare. Un percorso sulla materia che diventa elemento alchemico, regola matematica e fisica da rispettare attraverso la sinergie con la creatività artistica. Un mix perfetto che l’artista riesce a proporre in un linguaggio visivo peculiare. Ordinato, quasi ossessivo ma fortemente artistico. Francesco Speciale è un giovane artista che parteciperà a Paratissima2016, vive e lavora a Cosenza dopo la sua formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, che ha già dalla sua, una riconoscibilità di stile e linguaggio che reputo essenziale per chi vuole fare questo mestiere, che diventa in realtà una missione”.

    Altra collaborazione e altra città: Londra, Nicolò Baraggioli. “Apprezzo molto il lavoro di Nicolò e sono molto contento di questo nostra collaborazione e confronto. Il suo è un percorso molto particolare costruito attraverso il colore e altri materiali che diventano un continuo screening su ciò che ci circonda. Nicolò cattura i suoi paesaggi, meglio sarebbe dire i suoi “Frame” di paesaggio, e li rimescola. C’è l’idea, sulla quale stiamo lavorando, di una personale a Londra, dove lui vive e lavora, che possa raccontare questa sua attenzione al particolare da gustare quasi in modo intimo, ma grazie proprio a questa intimità di dettagli che sono resi attraverso percezioni di colori e materia, cogliere le vibrazioni di un lavoro d’insieme esaltante. Una pittura, la sua, costruita con tanta intensità e capacità”.

    Poche ore prima di questa intervista è apparsa sulla tua pagina Facebook una nuova locandina con il tuo nome e quello dell’artista Giuliano Macca “La morte di Kairos” cosa puoi dirci? “Un progetto work in progress di cui ancora non posso dirvi molto. Ma un progetto molto innovativo e spiazzante, oserei dire. Per adesso vi basterà sapere che i suoi personaggi che animano le sue storie, i suoi luoghi che ci racconta nei suoi lavori stanno per diventare reali. Il 31 ottobre ormai è vicino. Basta aspettare”.

    Sei un critico da marciapiede? “Assolutamente si. Da marciapiede con la testa tra le nuvole. Da 20 caffè al bar per parlare con gli artisti. Da aeroporto, treno, bus e tram. Non ho uno studio, ne una scrivania. Scrivo sul divano, sul letto, a terra, sul tavolo da cucina, fuori in giardino. Mi concedo al massimo uno zaino che uso dai tempi della scuola per mettere dentro tutte le mie cose. Posso tranquillamente sedermi per parlare di arte sui gradini di una scalinata, su una panchina in piazza, oppure frequentare come faccio spesso, gli studi degli artisti che si affannano al mio arrivo a fare spazio, a sistemare un po’, ma adoro quell’apparente caos che in realtà è tutta creatività. Della valigetta ventiquattrore ne faccio volentieri a meno. Così come degli inutili appellativi. Sono semplicemente Roberto e provo a fare bene, spero, il mio lavoro”.

    A chi vorresti dire grazie? “La risposta più scontata sarebbe dire grazie a tutte quelle persone che quotidianamente credono nel mio lavoro e nella mia professionalità. È scontato dire questo ma è la verità. Se vuoi dei nomi, e li faccio ben volentieri, il mio grazie va a Tonino Sicoli per avermelo proprio insegnato questo mestiere. Lasciandomi la possibilità di capire non come si fa, come farlo. Poi l’elenco sarebbe vastissimo da Luigi Magli con il quale è sempre un piacere collaborare, a Maurizio Monticelli che, penso, dopo avermi per un po’ osservato e studiato, mi chiamò dicendomi “scrivi! Andiamo in stampa con il primo volume di tanti altri che faremo insieme” e poi naturalmente grazie davvero a tutti gli artisti che sono diventati nel corso di questo tempo cari amici. A tutti i professionisti che ho incontrato nel mio percorso come ad esempio la squadra del Museo del Presente con i quali in questo 2016 ho realizzato la terza edizione di “Geni Comuni” una esperienza che mi ha riportato indietro nel tempo, agli esordi di quella che timidamente posso chiamare ormai carriera. Se sono il professionista di oggi lo devo a tutte queste persone e tante altre, tantissime, a cui va il mio sincero grazie”. Cosa ami di più del tuo lavoro? “Amo la possibilità di potermi confrontare con persone e situazioni diverse. Di potermi mettere alla prova. Amo l’intesa dello sguardo tra artista e critico al termine di un progetto. Amo poter decidere di lavorare con chi voglio e con le persone di cui ho stima professionale ed umana. Mi piace poi scrivere, pensare di lasciare nel tempo una piccola traccia delle mie percezioni e delle mie sensazioni. Amo quella stanchezza che arriva alla fine e quella frenesia del “cosa facciamo domani?”, Come amo spesso ripetere, non saprei fare altro”.

    Svelaci il segreto per riuscire a fare il critico d’arte. “Non ci sono segreti. Bisogna stare con i piedi per terra e non perdere mai l’entusiasmo, anche se magari ci si imbatte nell’aridità di certi venditori di finta professionalità incipriata. Evitati questi incontri, si va dritti e veloci come un treno”. Roberto Sottile è stato direttore e curatore della VIII Biennale Magna Grecia a San Demetrio Corone (Cs); e poi le curatele delle mostre come “Angelo Brescianini A ferro e fuoco” presso il Maon, “Piani Inclinati” presso la Galleria Nazionale di Cosenza.

    Più informazioni su