La pelle di Napoli. Voci di una città senza tempo

Presentato a Scalea il libro di Pietro Treccagnoli, scrittore e giornalista de “Il Mattino”

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    “Vedi Napoli e poi muori”, ma a non morire mai è proprio Napoli, per fortuna, e con lei i luoghi comuni o i pregiudizi, che pure fanno parte della sua cartolina. Pietro Treccagnoli, scrittore e giornalista de Il Mattino, ha provato a ri-scoprirla, penetrando nei luoghi meno noti persino agli stessi napoletani, quelli in cui il sole non ama indugiare e ci si arriva spesso solo a piedi. Una città arcaica e immaginifica, una città preda della letteratura e della canzone, che si concede al primo arrivato con voluttà o parsimonia, pronta a ritrarsi sdegnosa, se qualcuno provi a farle cambiare abitudini.

    La pelle di Napoli è il titolo dell’ultimo lavoro di Treccagnoli, presentato a Scalea dai giornalisti Fabio Pietrosanto e Ugo Floro, in un incontro promosso e coordinato dalla giornalista Diletta Aurora della Rocca, con il patrocinio dell’amministrazione comunale. In uno degli scorci più belli di Scalea, Piazza De Palma, si è parlato quindi dell’antica Partenope senza infingimenti o concessioni. Antica e attuale, mediterranea e accogliente, Napoli ha una pelle con molte macchie e tante ferite, che non nasconde o nega, anche se alcune le sbandiera come medaglie, altre le tradisce come violenze. Per imparare a coglierne un poco l’anima, bisogna viverci e non passarvi semplicemente da turista.

    Bisogna attraversare i suoi vicoli, a piedi, come ha fatto Treccagnoli, fermarsi a parlare con la sua gente, osservarne le molteplici attività, alcune delle quali frutto di spirito di adattamento e di vero genio. Un termine che le si sposa bene è “risposta”, condensata nelle battute di spirito della sua commedia popolare, nei versi delle canzoni storiche, nella prontezza dei suoi venditori ambulanti, nei baristi che parlano volentieri con la propria clientela, nei taxisti, che tentano di adescare i nuovi arrivati alla stazione, nei proprietari dei bassi, spesso venditori di sigarette e altre merci di contrabbando. Probabilmente, mai nessun napoletano vero, anzi, verace, è rimasto senza risposta di fronte a una qualsiasi situazione nuova.

    Non lo è rimasto di sicuro di fronte alle varie dominazioni subite, riuscendo, a differenza di altri popoli, a trasmettere la propria napoletanità a chi l’aveva conquistata, arrivando a confondere il conquistato e il conquistatore, il padrone e il servo. Non lo è rimasto di fronte alle truppe nazifasciste o a quelle alleate, essendo stata capace di risollevarsi da sola e di salvare gran parte del suo patrimonio culturale, come l’Archivio di Stato, o al cospetto dell’azione criminale della camorra, sacrificando uomini ed energie nella sua lotta. Napoli è anche e soprattutto arte, cultura, genialità, rinnovamento. E quella risposta pronta diventa resilienza ai vecchie e ai nuovi padroni, nel centro come nelle periferie, nei quartieri bene e in quelli dove ci conduce per mano il libro di Treccagnoli, ben sapendo però che, come con ogni creatura bella e dannata, è sempre possibile, da un momento all’altro, sentirsi da lei abbandonati o traditi.

    Tania Paolino

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