L’Autostazione dei pullman: un’altra terra di nessuno

Nascosti sotto le pensiline ci sono ragazzi, nullafacenti, che passano il tempo a “rullare” hashish e marijuana tenendo d'occhio qualche passante da scippare

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    Cosenza, Carmine Calabrese

    Polveriere … urbane. Ancora una volta, Cosenza e i suoi cittadini, devono fare i conti con le emergenze. Passano gli anni, ma la situazione di pericolo che interessa l’area della stazione di Vaglio Lise e la zona dell’Autostazione, non accenna a diminuire. Né a migliorare. A Vaglio Lise, come abbiamo documentato e raccontato qualche giorno fa, a farla da padrone, tra l’incuria, il degrado e la desolazione della stazione ferroviaria, è l’emergenza legata ai rom. Quella folta colonia di invisibili e disperati, considerati gli autori di furti, danneggiamenti e altri reati. Un’escalation delinquenziale, irreversibile e preoccupante, contro la quale il solo impegno della Polfer, serve a poco. Se non a nulla. Considerando che gli agenti del posto fisso della polizia ferroviaria, non presidiano la stazione ferroviaria, h 24. La presenza dei rom, quelli che per intenderci vivono nella “città di plastica, eternit e cartone”, nata lungo le sponde del fiume Crati, unitamente alla presenza di altri invisibili di ogni età e diversa estrazione sociale e provenienza, ha, contribuito, ad innalzare, nel corso degli anni l’asticella dell’emergenza e del pericolo. Come dicevamo, il presidio dello Stato nell’area è garantito fino alle 20. Poi, quando lo Stato spegne la luce, l’area dello scalo ferroviario, diventa la terra di nessuno. La misura dell’esasperazione è alta, così come anche la soglia della sopportazione e della paura, soprattutto da parte dei residenti dell’agglomerato urbano di via Popilia, costretti ormai da anni, a vivere con l’emergenza rom, e i dipendenti delle Rfi. A nulla, purtroppo, serve la presenza della Polfer, i pochi agenti in servizio presso il posto di polizia ferroviaria, non sono in grado di coprire tutta l’area, così come anche l’azione di pattugliamento di polizia e carabinieri, in alcuni momenti della giornata, non è efficace né come fenomeno di repressione, né come strumento di prevenzione.

    L’emergenza diventa allarmante con il calar della sera. I sottopassi della stazione ferroviaria, diventano aree d’accoglienza per disperati. C’è chi cerca un riparto per raggiungere il suo “Nirvana”, c’è chi cerca un posto tranquillo per stordirsi di alcol e dimenticare, c’è chi sceglie il silenzio della zona e il buio per “vendere” o “acquistare” piacere. Tutto a prezzi modici. A pochi metri, in linea d’aria, c’è un’altra emergenza. Un’altra polveriera urbana e sociale. Quella dell’Autostazione. Dove ogni giorno “partono, arrivano e fanno capolinea” problemi, difficoltà, situazioni spesso al limite. Spesso anche complicate. Anche questo cuore pulsante della città, un tempo polmone economico, è diventato una pericolosa terra di nessuno. Di giorno, complice anche il continuo transito di migliaia di autobus in partenza e in arrivo da ogni parte della provincia di Cosenza e anche da diversi altri centri della regione, la situazione sembra calma. Ma quella calma è solo apparente. Sì, perché, nascosti sotto le pensiline dove parcheggiano gli autobus, c’è, soprattutto nei periodi scolastici, ma anche dopo, il classico nugolo di ragazzi, nullafacenti, “filonisti” che passano il tempo, lontano da occhi e orecchie indiscrete, a “rullare” hashish e marijuana e a tenere d’occhio qualche facile preda da puntare per uno scippo. Nel corso degli ultimi tempi, anche grazie all’assillante impegno del comitato spontaneo a difesa del quartiere, la zona dell’Autostazione è stata inserita nel progetto Cosenza sicura con l’installazione di alcune telecamere di videosorveglianza, utile deterrente nel reprimere l’escalation dei reati. Ma la costellazione di occhi elettronici, però, non basta. Perché, se da un lato i dati dell’attività microcriminale sono in ribasso, dall’altro i residenti della zona devono fare i conti con un altro problema: quello della sporcizia, non tanto per colpa di un servizio scadente offerto dagli operatori delle Ferrovie della Calabria, proprietari dell’area, quanto per via del menefreghismo generale e della presenza notturna di sbandati e gente senza identità di varie nazionalità che sotto la grande pensilina dove parcheggiano gli autobus cercano un luogo dove dormire, passare la notte e fare comodamente i loro bisogni. Quando scende la sera e l’autostazione si svuota di pullman, autisti e pendolari, la zona diventa l’eldorado per anime vaganti, disperate e senza tetto, tossici in cerca di un luogo oscuro dove farsi una dose per raggiungere il loro nirvana e sbarbatelli, vestiti come i rapper americani, che anziché rappare ritmi “4/4” si muovono con aria da piccoli boss, intimorendo chiunque passi vicino a loro con uno sguardo storto o con un coltellino tascabile, sempre pronto all’uso. L’altra emergenza è legata ad un’agenzia di pullman dell’Est che ogni giorno e ogni notte parte con il suo carico di passeggeri polacchi, ucraini, russi, moldavi, estoni, bielorussi, cecoslovacchi e di altre etnie. Mentre il giorno questi uomini e queste donne, scendono dai pullman, stremati da un viaggio durato un’infinità di ore, se non addirittura di giorni, di notte, la situazione cambia. Scendono dal bus e iniziano a urlare, cantare nelle loro lingue originali, alcuni, colpa dell’eccessiva quantità di alcol addosso, perdono le staffe e scagliano la loro rabbia contro saracinesche e portoni, scampanellando ai citofoni o a volte anche distruggendoli o scolando bottiglie di birre e altri bevande alcoliche poi scaraventate violentemente per terra.

    Per i residenti la notte è un incubo infinito. Le telefonate ai centralini di polizia e carabinieri non si contano. L’intervento delle forze dell’ordine, seppur puntuale, non riesce a risolvere mai il problema ma solo a limitare i danni. Qualcuno, almeno fra i più “facinorosi” viene accompagnato in questura per l’identificazione e le altre pratiche di rito, gli altri, invece, intimoriti dalle divise e dal suono delle sirene, si fanno segni fra di loro per invitarsi alla calma ed evitare guai. Ma la calma, anche in questo caso, è solo apparente. Quando i lampeggianti di polizia e carabinieri si allontanano ricomincia il “bivaccamento selvaggio” e con esso anche l’insonnia dei residenti. La drammaticità del degrado in cui versa l’autostazione si “materializza” il sabato sera e l’intera giornata di domenica con un olezzo nauseabondo e maleodorante che costringe chi vive il quartiere e nel quartiere a stare con le saracinesche abbassate o le finestre chiuse. Le colonne dell’Autostazione sono una pattumiera libera. C’è di tutto dalle scatolette di cibo, ai cartoni arrotolati utilizzati come letto e coperte per dormire, senza dimenticare ogni tipo di rifiuto gettato lì per terra. Gli unici che mantengono un po’ di decoro, sono gli ambulanti marocchini che allestiscono i loro bazar sotto le colonne e a fine giornata lavorativa, nel riporre scarpe, borse e scarpe, provvedono a raccogliere anche la spazzatura. Nonostante esistano i bagni, il luogo preferito per liberare i bisogni resta l’area dove un tempo sorgeva lo zampillo, ormai da anni distrutto. Quell’area ora è piena di feci, urine, il cui fetore ti strozza il fiato in gola e qualche siringa gettata lì da un tossico come segno del suo passaggio.

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