Aeroporti che si avviano a decollare

E' sempre aperto il dibattito attorno all'aviosuperificie di Scalea

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    Aeroporti che chiudono, aeroporti che si avviano a decollare. Così, mentre sono giorni che a Reggio Calabria si paventa la chiusura della struttura, a causa del fallimento della società di gestione Sogas, a Scalea si attende il definitivo decollo dell’aviosuperficie, previsto per il 2017. Uno scalo, quello di Scalea, realizzato in parte con fondi Por-Fsr Calabria 2007/2013 e in parte con capitale privato, la cui costruzione è iniziata molti anni fa e ha incontrato l’opposizione di numerose sigle ambientaliste, tra cui Italia Nostra e Legambiente, che sin da subito ne hanno individuato alcune criticità. Innanzitutto, il posto: una zona prossima all’alveo del fiume Lao, in area Pai a rischio idrogeologico R4, vicina anche al sito di interesse comunitario Valle del fiume Lao, una riserva naturale istituita nel 1987 all’interno del Parco Nazionale del Pollino, provincia di Cosenza. Inoltre, la vicinanza alla foce dello stesso fiume e la prossimità alla costa, interessata da fenomeni di erosione. L’aviosuperficie, che diventerà aeroporto di terza categoria, rendendo possibile la circolazione di merci e persone grazie ad aerei charter capaci di ospitare fino a 180 posti, secondo i suoi sostenitori, renderebbe possibile il collegamento con lo scalo di Lamezia Terme in 7 minuti circa, con quello di Napoli in 40 minuti, svincolerebbe il turismo locale dalla caratteristica stagionalità, comporterebbe anche il miglioramento delle altre infrastrutture e dei collegamenti via terra. Obiettivi, questi, rallentati negli anni dal cambiamento della società di gestione e dalla caduta della Giunta comunale, più che dall’ostruzionismo degli ambientalisti, come molti ritengono. Considerata dal Piano regionale dei trasporti un’opera strategica per la valorizzazione turistica della Riviera dei cedri, l’aviosuperficie di Scalea continua a destare dubbi, soprattutto alla luce del ridimensionamento del sistema trasposti aerei, di cui si discute in questi giorni. Ma è interessante anche far notare la percezione che la popolazione del comprensorio ne ha: l’opera sembra essere avulsa dal territorio, piccoli aerei vi atterrano e decollano soprattutto in estate e per far rifornimento alla volta della Sicilia, vi è una scuola di paracadutismo, ma sono davvero pochi quelli che l’hanno visitata o sono andati a curiosarvi. Come se non fosse cosa che riguardasse tutti. E viene così da chiedersi a chi faccia realmente comodo, se il territorio ne avesse davvero bisogno, se serva al suo rilancio o dimostri, al contrario, la necessità di un cambio di direzione. Il turismo creato negli ultimi decenni nell’alto Tirreno cosentino, a fronte di una speculazione edilizia selvaggia e del saccheggio indiscriminato e incontrollato della costa, è il tipico turismo delle seconde case. Palazzoni, villaggi, case di mare dal discutibile gusto estetico, costruiti tendendo al risparmio, anonimi, superaffolati in quei quindici giorni centrali di agosto, affittati a prezzi disonesti durante i mesi invernali soprattutto a stranieri, preda di atti vandalici o furti quelli che rimangono disabitati. Molti di essi fanno pensare alla famosa 167 napoletana e altri ne riecheggiano il nome oltre che l’aspetto. Risulta davvero difficile pensare al decollo del turismo, senza un’intelligente opera di risanamento strutturale e sociale di simili caseggiati. Inoltre, se davvero arrivasse un turismo di qualità superiore, come dicono, la ricettività alberghiera della zona non è adeguata e sufficiente ad accoglierlo. Questo scoglio si potrebbe superare se gli operatori del settore riuscissero finalmente a fare sistema, se i sindaci dei paesi costieri e dell’entroterra si consorziassero, così da dare un’offerta qualificata, diversificata, completa. Limiti che gli amministratori locali, ai vari livelli, non hanno finora superato, troppo attaccati ai localismi e agli interessi di parte. Insomma, se non si risana prima l’ambiente, se non si qualifica l’offerta, se non si adegua e potenzia la viabilità, non c’è aeroporto che tenga. Non c’è bisogno di aerei che atterrano per qualche ora. E non se ne capisce la ragione anche in virtù della soppressione di numerosi treni, soppressione dovuta allo scarso numero dei passeggeri, oltre a quelle che sembrano precise scelte di voler mantenere nell’isolamento la nostra regione, e in particolare le sue zone periferiche.

    Tania Paolino

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