Un pugno allo stomaco, dritto al centro, in direzione del cuore

Violenza sulle donne tra finzione e realtà

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    Un pugno allo stomaco, dritto al centro, in direzione del cuore. E poi un vortice di pensieri incerti, che hanno trasformato una normale assemblea di Istituto in una grande performance e, senza esagerare, in una scena degna delle migliori tragedie greche. Liceo scientifico “P. Metastasio” di Scalea: si parlava di femminicidio con Alberto Micelotta, attore teatrale e cinematografico, nonché regista e producer. Studenti così attenti ed emotivamente coinvolti capita raramente di vederli. Come davanti a una storia che si racconta e che a mano a mano che si va svolgendo diventa chiara e incredibile a chi l’ascolta, i ragazzi apprendevano da Micelotta la sua condizione di tentato femminicida, perché per fortuna la moglie si era salvata dalle sue martellate in testa e si era portata via con sé la figlia, per sempre. Lui era finito in carcere, scontando buona parte della pena tra le sbarre, il resto come servizio sociale nelle scuole, dove ha incontrato circa 9000 studenti, tra cui quelli di Scalea, ai quali ha parlato con franchezza, cercando di far capire loro che anche un uomo educato, gentile, può trasformarsi in mostro. Il cammino del recupero, quindi, passa anche attraverso momenti in cui gli errori, il pentimento, il dolore vengono resi pubblici, messi in scena, e l’espiazione diventa così più leggera, accettabile, perché condivisa e mostrata e umiliata. Gli studenti, alle parole di Micelotta, dopo un attimo di incredulità, gli hanno fatto sentire la vicinanza, la comprensione, nonostante tutto, perchè i giovani perdonano prima e più facilmente dei grandi, la loro mente è scevra da certe sovrastrutture culturali ed esperienziali. Al suo invito a fargli domande, sono seguite due esperienze di violenza domestica, condivisione e volontà nascosta di dare forza e voce a chi si trova in quella condizione ma non trova il coraggio per parlarne. A quel punto, l’attore si è tolto la maschera e ha svelato il retroscena: nessun tentato femminicidio, nessuna figlia adolescente che non vede da anni e che prova a ritrovare negli occhi delle ragazze che incontra nelle scuole, niente di niente, tutto inventato, solo una recita. Sì, ma le parole di vita vissuta risuonavano nell’aula magna discreta, quelle storie erano reali, nessuna finzione, purtroppo. Come colmare quella distanza, quella differenza che c’è tra la vita e il teatro, tra la realtà e il verosimile? Alla maniera di una tragedia, alla fine è arrivato il momento catartico: in quell’aula magna è scoppiato il pianto, reale stavolta, di Alberto Micelotta, dimostrando che quello dell’attore è davvero un bel mestiere quando riesce a provocare/si e a liberare/si, ma è anche bello il mestiere dell’insegnante, se può realizzare a scuola il palcoscenico su cui rappresentare la vita.

    Tania Paolino

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