Galizia fa scena muta davanti al gip

Fermo convalidato per il "boia" di San Lorenzo del Vallo

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    Delitto in tre atti. La storia di sangue, vendetta e piombo che “partorisce” nel ventre di San Lorenzo del Vallo, è più complicata di un classico noir di Agatha Christie. Il duplice omicidio di Edda Costabile e Ida Maria Attanasio, rispettivamente mamma e sorella di Francesco Attanasio, è stato, almeno per il momento, brillantemente risolto da carabinieri e polizia con il fermo di Luigi Galizia. Già, Galizia. Proprio come Damiano, il 33enne di San Lorenzo del Vallo, ammazzato dal reo confesso Francesco Attanasio con alcuni colpi di pistola, sparati a bruciapelo e da distanza ravvicinata in un drammatico faccia a faccia, nel chiuso di una villetta di contrada Dattoli di Arcavacata di Rende. E, tutto, per un debito. Di 17 mila euro, preteso da Damiano Galizia e “saldato” con il piombo da Attanasio. E’ stato proprio quel debito, “cancellato” con il piombo e il sangue, a scatenare la vendetta fredda e brutale di Luigi Galizia che, quasi sette mesi dopo l’eliminazione di suo fratello, s’è vendicato. Di Attanasio e della sua famiglia, uccidendo madre e sorella e “lavando” nel sangue e con il sangue innocente delle due donne l’onta dell’affronto subito. Trame da far west, scene da “giustizia fai da te”, logiche di “vendetta privata”. In tre atti. Ma, senza palcoscenico, lontano dal pubblico e, soprattutto, senza applausi. Luigi Galizia, dalla tarda serata di venerdì, è in una cella d’isolamento del “Cosmai” di via Popilia, guardato a vista. Resterà rinchiuso nel penitenziario cittadino, con la pesante accusa di essere il killer del cimitero, di essere l’esecutore di Edda e Ida Maria. Di essere il “boia” di San Lorenzo. Senza aver confessato, senza aver mostrato rimorso e senza aver fornito alcuna spiegazione. Anche ieri, durante il faccia a faccia con il gip di Castrovillari, per l’interrogatorio di garanzia, ha scelto la strada del silenzio, avvalendosi della facoltrà di non rispondere. Dalla sua bocca non è uscita una parola, ma nemmeno dal suo volto è uscita la minima espressione facciale di pentimento, rimorso o il benché minimo rimpianto di essersi “nominato” giudice e corte nel processo personale contro gli Attanasio. Dalla mano del gip è, invece, uscita la parola convalida, cristallizzata in neretto sul decreto di fermo, trasformato in arresto. E’ in carcere da venerdì sera, per merito di una straordinaria sinergia investigativa tra i carabinieri del comando provinciale di Cosenza e i detective della squadra Mobile di Cosenza, ma anche di un’ancora più eccellente alleanza tra i gli ingegni dei Ris e gli esperti della scientifica. Luigi Galizia è e restserà in cella, per le tante tracce biologiche, i troppi indizi e l’infinità di errori che ha disseminato dietro di lui, subito dopo il duplice delitto, convinto e sicuro di aver pianificato e portato a termine l’omicidio perfetto. Anzi, gli omicidi. Le tracce di polvere da sparo ritrovate nella sua Alfa 156, le istantanee delle telecamere a circuito chiuso, disseminate lungo San Lorenzo del Vallo, la brutalità degli omicidi e quell’accanimento sulle vittime, non gli hanno dato scampo, facendogli terra bruciata intorno e ostruendogli tutte le vie di fuga. Dalle sue responsabilità. Anche il padre di Luigi e Damiano Galizia, ha fornito un indizio agli inquirenti, con quel “ho perso un altro figlio”. Quell’esternazione dolorosa, confidata ad una persona all’interno di un’auto “spiata” dagli inquirenti con una mini cimice, piazzata nell’abitocolo. Il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, “proprietario” della delicata inchiesta giudiziaria e competente per territorio, non ha ancora messo i “sigilli” alle indagini, convinto che in questa storia c’è ancora tanto, tanto altro da scoprire. C’è ancora tanto da accertare. Dalle coperture, alle complicità. Dai silenzi collettivi dell’intera comunità, ai tanti “non c’ero, non so, non ricordo”, ascoltati nelle ore seguenti l’efferato duplice omicidio di quella domenica mattina dello scorso fine ottobre. Ma c’è anche altro da cercare. Con la lente d’ingrandimento e con la fosforescenza del luminol, c’è da “rintracciare” la pistola. Quella calibro “9”, caricata con proiettili, rinforzati di odio e modellati con la rabbia, con cui Galizia ha fatto fuoco contro Edda e Ida Maria, cancellandole l’esistenza e punendole per quel legame, stretto e carnale, con Francesco Attanasio, quello che gli aveva “spezzato” il legame con il fratello Damiano. Ma ci sono anche quei proiettili che sono identici a quelli dell’arsenale di quel magazzino di Rende, fatto trovare dallo stesso Attanasio con una “soffiata” alla Questura. Questo significa che qualche pezzo di quella spaventosa “santabarbara”, era anche in casa Galizia. Un secondo deposito? Saranno le indagini, ancora lunghe, come detto, a dirlo. Anche l’inchiesta sull’omicidio di Damiano Galizia, coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza, è prossima ad arrivare all’attesa fase dibattimentale. Il prossimo 20 febbraio, infatti, il reo confesso dell’omicidio dell’ex amico, comparirà davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza, per rispondere di quel delitto. La Procura, infatti, nelle scorse settimane, ha chiesto ed ottenuto di processare Attanasio con il giudizio immediato. Francesco Attanasio, 31enne nativo di San Lorenzo del Vallo, trapiantato a Cosenza, con interessi nel mondo dell’editoria, della comunicazione e del mercato immobiliare, è in carcere da maggio scorso. Da quando, cioè, ha confessato l’omicidio di Galizia e portato gli inquirenti fino al cadavere, nascosto nella villetta di contrada Dattoli e avvolto in un tappeto e nel cellophane. Prima ristretto nel carcere di via Popilia è stato poi trasferito nella casa circondariale di Reggio Calabria, dov’è tuttora detenuto. E dove attende di conoscere il suo futuro. Un futuro, pieno di sbarre, come le grate del carcere e con due punti di riferimento in meno: la mamma e la sorella.

    Carmine Calabrese

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