Il direttore del Cas “Villa Sorriso”: «Indispensabile l’integrazione con la popolazione»

Cosa fanno i centri di prima accoglienza per gli immigrati? A quali priorità rispondono? 

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    Ne abbiamo parlato con il direttore del centro “Villa Sorriso” a Fuscaldo questa mattina, ma se volessimo individuare un simbolo che rappresenti il Cas, potremmo ricorrere a due lavori artigianali usciti dalle mani laboriose di Silva, trentenne nigeriano, risiedente da circa due mesi al centro. Uno è la raffigurazione in basso rilievo dell’affetto materno (Mather care), l’altro la scultura di un’anitra, uccello migratore per antonomasia entrato a far parte del simbolismo di molte culture. Lavori intagliati con oggetti di fortuna in plastica o come un cucchiaio su un materiale poco incline all’arte come il cemento, più facilmente reperibile. Entrambi svelano il mondo in questo luogo-nonluogo che è il centro di accoglienza. Luogo fisico in cui si risponde ai bisogni di prima necessità e avviene una prima forma di accoglienza e di riconoscimento umano e giuridico. “Nonluogo” in quanto una sorta di passaggio in cui s’intrecciano persone con desideri e speranze e storie diverse, e che non è ancora ben delineato dalla comunità locale. E’ percepito ancora come una forma di anonimato rispetto al contesto sociale e ambientale, seppure proietti una volontà ancora disconosciuta alla cittadinanza. Il senso di vita ai margini si delinea già nel posto fisico dove sorge il centro, nella zona nord del paese, che è a bassa densità di popolazione nel periodo invernale, ma che si infittisce nel periodo estivo. Per qualcuno è considerata zona altamente turistica. Il direttore Franco Morrone evidenzia in modo particolare questa necessità di convivenza solidale della struttura nella realtà cittadina. Gli stessi obiettivi che individua come prioritari sono funzionali a questa necessità. L’insegnamento della lingua italiana, il primo, «perché – afferma – se non si parla con gli altri non c’è dialogo e senza dialogo non c’è accettazione»; l’attivazione di progetti lavorativi di integrazione, il secondo. Nessuna improvvisazione, dunque, per questo centro d’accoglienza, nato sull’esperienza della società “Villa Sorriso srl”, presente sul mercato dal 2006 con la struttura Casa protetta per anziani di Montalto Uffugo. Attualmente il direttore si avvale di dieci collaboratori regolarmente assunti – ci tiene a sottolineare Morrone – per gestire un centro nel quale attualmente risiedono 40 immigrati provenienti dalle regioni africane, tra cui sei ragazze. L’integrazione è un processo lungo e fragile, possibile solo con la continuità di interventi a rete e con una formazione che accomuni i nuovi arrivati. Una formazione attraverso la quale vengano veicolati valori di solidarietà e di rispetto delle persone e soprattutto delle donne, soggetti a rischio di sfruttamento e prostituzione . «Per quanto difficile – spiega ancora Morrone – dobbiamo riuscire ad integrare gli immigrati se non vogliamo ritrovarci in casa delle persone che possono diventare manovalanza della criminalità organizzata». «E’ importante – prosegue Morrone – creare sinergia con la gente del posto perché si comprenda che l’integrazione del diverso dipende da noi. Il migrante può essere una risorsa e non un incomodo, anche se assistiamo a resistenze e paure. L’immigrato costituisce un elemento di rischio da superare interagendo con le amministrazioni comunali e con le parrocchie, che sono il tramite con la popolazione, affinché si capisca che tutti hanno il diritto all’opportunità, non in modo gratuito, ma attraverso il lavoro, l’impegno, l’onestà». Il centro non è uno spazio chiuso in cui gli immigrati sono costretti a rimanere, ma se vogliono tentare la carta dell’integrazione vi si devono affidare rimanendoci per propria scelta. Altrimenti si entra nella condizione di clandestinità. «Di solito, quelli che non vogliono rimanere – spiega Morrone – vanno via di notte, con l’intento di raggiungere i parenti in altre nazioni europee. Così agli inizi assistiamo ad un turn over di nuovi arrivi. Sia al centro di San Marco Argentano (presso l’Hotel Incontro) che a Fuscaldo siamo in fase di assestamento». E la fase di assestamento è fondamentale per poter attivare percorsi di integrazione lavorative che siano stabili. Per coloro che decidono di entrare a far parte della massa dei clandestini, diventa tutto più caotico e imprevedibile. Rischiano di rimanere per strada e di doversi affidare ad organizzazioni di volontariato che gestiscono l’emergenza. I progetti Cas tentano, invece, di uscire dall’emergenza, rendendo possibile la permanenza. Le cure materne e il volo di un’anitra rimangono, tuttavia, ancora all’orizzonte.

    Francesca Rennis

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