Processo Calabria Ora, la curatrice fallimentare inchioda Citrigno e Aquino

Ricostruzione di un saccheggio umano, professionale, economico e occupazionale

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    Una vicenda di dignità calpestate, di sogni infranti, di certezze spezzate, di entusiasmi spenti, di diritti violati, di promesse non mantenute e di identità mobbizzate e violentate da un sistema, quello editoriale, che non offre più garanzie e non difende più la passione per la scrittura. Questa storia è così malata, da aver infettato tutti. Si sta ripercorrendo e ricostruendo all’interno dell’aula 9 del tribunale di Cosenza, epicentro del terremoto umano, occupazionale e giudiziario di Calabria Ora. L’udienza di fine maggio, presieduta dal giudice Di Dedda, (il collegio è composto anche dai giudici a latere, Pingitore e Gallo, ndr) ha fatto registrare il massimo numero di testi, tutti citati dall’accusa. Sono stati ben 78. Molti di loro, però, non sono stati ascoltati. Il presidente del collegio, infatti, ha disposto, su accordo delle parti (pubblici ministeri e avvocati, ndr) l’acquisizione delle sommarie informazioni testimoniali rilasciate dai cronisti e dalle maestranze lavorative di Calabria Ora ai carabinieri e alla guardia di finanza. Il punto più alto dell’udienza è coinciso con l’ingresso in aula della dottoressa Rosa Salerno, nominata dal tribunale di Cosenza come curatrice fallimentare di Paese Sera Editoriale. La professionista ha ricostruito tutti i passaggi salienti di questa storia, evidenziando anche precise colpe e specifiche responsabilità di tutti i componenti i vertici dirigenziali del quotidiano regionale. La commercialista, ha aperto la sua testimonianza, partendo dalla genesi di Calabria Ora. Partendo dalla Cec (cooperative editoria calabrese, la prima società che ha editato Calabria Ora, dalla sua nascita (era il 14 marzo del 2006) alla sua dismissione (era la fine del 2008), quando la Cec venne fatta sparire dalla gerenza e dalla circolazione, per nascondere l’affossamento debitorio. La Cec, così come lo stesso giornale, tutti i lavoratori, la sede e i macchinari, venne venduta alla nascente Paese Sera Editoriale al prezzo di 1000 euro. Un obolo. I giornalisti della testata vennero invitati a firmare le dimissioni volontarie dalla Cec e agli stessi venne imposto di apporre la propria firma sui nuovi contratti. Contratti che – come sottolineato dalla stessa curatrice fallimentare – hanno messo i giornalisti con le spalle al muro, incollati alla precarietà. Quei contratti non prevedevano nessuna negoziazione: o si firmavano per come erano stati pianificati, o la porta per gli scontenti era sempre aperta. L’interregno editoriale di Paese Sra, come il precedente, non è stato certo immune da dimenticanze, inesattezze e sviste. A fine del 2011, infatti, anche l’elettroencefalogramma di Paese Sera Editoriale è piatto. La dottoressa Salerno, sempre nell’arco della sua testimonianza, ha evidenziato come quando nacque il Gruppo Editoriale C&C, quello per intenderci sorto con le ceneri di Paese Sera, il marchio della Cec venne venduto alla nuova società editoriale al prezzo di 130mila euro. In questo caso. La curatrice fallimentare, inoltre, ha puntato anche l’indice contro i vertici manageriali di Paese Sera, evidenziando come, anche se la gerenza riportava dei nomi e delle identità precise, la linea del giornale era saldamente in mano a Piero Citrigno e Fausto Aquino, “prime donne” di questo processo per bancarotta fraudolenta. Il tempo di Paese Sera è stato anche segnato da intense scosse sismiche redazionali. Il 19 luglio del 2010, infatti, l’ex direttore Paolo Pollichieni e altri giornalisti vennero messi alla porta, sfrattati da una redazione e allontanati dalle loro postazioni per divergenze editoriali. Poi arrivò il tempo di Piero Sansonetti. Un tempo che in questa storia giudiziaria non c’entra nulla. Il processo è stato ora aggiornato al prossimo 27 giugno. Un’altra udienza è stata calendarizzata per il prossimo 13 luglio. Insomma Calabria Ora, pur non essendo più in edicola ormai da tempo, continua a far notizia. Ma è uno scoop strillato che fa male ai giornalisti, molti dei quali si sono costituiti parte civile. I cronisti sono vittime di un sistema che ha divorato il loro lavoro, le loro certezze, i loro sogni. E, anche i loro stipendi.

    Mafalda Meduri

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