Viaggio in Calabria come ai tempi del Gran tour

Carenze infrastrutturali e differenze tra regioni

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    Se Cristo si è fermato a Eboli, la Frecciarossa si ferma a Sapri. Eppure, dal romanzo di Carlo Levi sono trascorsi oltre settanta anni, da allora molte cose sono cambiate in Italia e nel mondo ma, a quanto pare, non nel Sud. Tagliati dal resto del continente, dovremmo aver imparato nel frattempo a fare di questa differenza virtù, preservando le nostre peculiarità, scegliendo come alternativa una vita lenta e più autentica. Ma non è così. Continuiamo a subire scelte politico-economiche sbagliate, che ci tengono lontani dai grandi centri e dalle grandi cabine di regia, costringendoci a prenderli, sì, i treni, ma spesso di sola andata.

    La linea ferroviaria tirrenica meridionale venne realizzata a fine ‘800. Non si tenne conto affatto della vicinanza alla costa, dei fenomeni di erosione, dei paesaggi mozzafiato, anzi, probabilmente l’intento fu proprio quello di offrire al viaggiatore dal finestrino la visione del mare. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, il danno era fatto e ci ritrovammo lunghi tratti costieri segati in due e deturpati dai binari. Ma ora al danno si aggiunge la beffa. Sono anni che i treni che scendono al Sud Italia, e che passano quindi per la Calabria, diminuiscono. Se non bastasse l’esperienza diretta, si faccia riferimento al rapporto Pendolaria di Legambiente.

    Quello presentato nel 2016 descrive una situazione al limite del paradosso. Contro un taglio pari al 26,4 % dal 2010 si registra un aumento delle tariffe del + 20 %. Siamo la regione al quarto posto tra treni più vecchi, l’età media infatti è di 22,1 anni. Ricordiamo un viaggio fatto da Napoli a Scalea, su un intercity che spesso faceva uno strano e preoccupante botto sotto la carrozza. Ne chiedemmo il motivo al controllore, ci fu risposto che quello sarebbe stato l’ultimo viaggio del treno, poi sarebbe stato parcheggiato a Reggio Calabria, capolinea definitivo.

    Noi immaginammo un fantasioso cimitero dei treni, supponendo però che con ogni probabilità si sarebbe trasformato nella nuova dimora dei senzatetto o dei balordi della città. “Anche i livelli di comfort dei pendolari sono desolanti vista l’assenza di climatizzatori nella grande maggioranza delle carrozze e dei guasti molto frequenti anche ai servizi igienici”, si legge nello stesso rapporto. In poche parole, l’Italia viaggia in tutti i sensi a due velocità. Alla soppressione di numerose corse, in particolare quelle notturne, non si è sopperito con la creazione di altre infrastrutture. La carenza dei treni viene al massimo rimpiazzata dalle linee di autobus, che però hanno costi più elevati, proprio perchè si tratta di aziende private, che lamentano il cronico ritardo nell’erogazione dei fondi. Per non parlare degli aeroporti…

    Se vogliamo fare un’analisi sociologica e antropologica delle condizioni degli italiani, quindi, viaggiamo sui treni: la differenza la fa già la scelta tra un regionale e un intercity; la sperequazione invece tra le diverse regioni e aree in Italia la fa la presenza o il numero delle Frecce Trenitalia, la quantità dei treni, la loto età media e le condizioni di comfort offerte ai viaggiatori. Non ci resta che augurarci buon viaggio, con l’automobile privata, sperando di non incappare nella consueta interruzione e nella solita mono corsia causa lavori in corso perenni.

    Tania Paolino

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