La scultura della polemica

“Non dice chi è” (in foto), è questo il nome dell’installazione che sta facendo parlare tutta la città. A Cosenzainforma.it parlano due critici d’arte. Sottile: “L’arte genera sempre discussioni e controversie”. Gemma Anais Principe: “La vicenda diventa un esempio di analfabetismo funzionale”

Più informazioni su


    Nei musei vaticani è scontato reagire davanti al Giudizio Universale di Michelangelo con stupore e ammirazione, perché il nostro giudizio interpreta ciò che stiamo osservando come arte. Ne capiamo il significato e ne restiamo coinvolti emotivamente, perché ciò che viene rappresentato fa parte della nostra cultura che ha utilizzato l’arte come lo strumento di diffusione del cristianesimo per indottrinare chi non sapeva leggere e scrivere, utilizzando le immagini come mezzo visivo per comunicare un messaggio. Basti pensare, ad esempio, che nei testi biblici non si fa nessun riferimento alla mela come frutto del peccato, ma il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male viene interpretato dagli artisti attraverso la raffigurazione di un albero di melo perché comunemente diffuso. Ma ciò che oggi giudichiamo come arte, non sempre ha avuto un percorso semplice, basti pesare a Daniele Ricciarelli noto come Daniele da Volterra che passerà alla storia come il Braghettone, l’artista censore dei nudi del Giudizio Universale per volere delle indicazioni del Concilio di Trento (1545-1563) che condannò le nudità nell’arte religiosa. In questi giorni suscita risonanza clamorosa una mostra d’arte contemporanea presso la Galleria ELLEBI di Cosenza,curata dalla nota critica Martina Cavallarin e inaugurata il 20 maggio scorso. Tra i diversi artisti c’è anche Dario Agrimi, pugliese classe ‘80, già ospite della residenza artistica BoCS Art organizzata dal Comune di Cosenza e curata da Alberto Dambruoso. L’installazione artistica di Agrimi è il pomo della discordia . Qualche passante è rimasto infastidito dalla presenza di tanta “crudele” arte. L’opera” temuta” è “ Non dice chi è”, una figura maschile, sospesa nel vuoto e col volto celato da un lenzuolo nero. L’arte contemporanea è anche comunicazione dell’indefinito o dell’ambiguo, del polivalente, ma suggerisce un campo di risposte emotive e concettuali lasciando la determinazione del campo alla sensibilità del lettore. Lettore e anche visitatore di una mostra ,che si sofferma sull’opera , perché un’occhiata fugace perdipiù , attraverso la vetrina, non può determinare la capacità di valutare l’arte. La verità è che il corpo sospeso è ispirata alla vicenda di Helel, Lucifero. L’angelo portatore della luce del mattino che viene cacciato dal Paradiso insieme agli angeli ribelli. Trasformato in forma umana tenta di tornare in paradiso mascherandosi e camuffandosi prima da uomo e poi nascondendo il suo sguardo coprendolo con un telo nero. L’opera rappresenta il momento del tentativo quindi la s’intende come un mentre. Helel è mascherato ed in procinto di risalire in Paradiso, ma lascia il dubbio che possa essere bloccato o possa attraverso il suo travestimento eludere i controlli e tornare a casa. Abbiamo voluto anche i commenti di due addetti ai lavori: il critico d’arte e curatore Roberto Sottile e la storica dell’arte e curatrice Gemma Anais Principe. “L’arte contemporanea, ma direi l’arte in genere – dichiara Sottile – ha da sempre generato discussioni e forte controversie. La storia dell’arte ci consegna pagine piene di accese discussioni che hanno contribuito nel bene e nel male alla crescita di un pensiero artistico. Certamente ciò che oggi ci appare scontato ha vissuto un percorso di storicizzazione importante. Basti pensare all’opera di Caravaggio, Amor Vincit Omnia commissionata dal marchese Giustiniani bersagliata da innumerevoli critiche semplicemente per una prorompente nudità in primo piano del soggetto raffigurato, che portò il marchese Giustiniani a nascondere l’opera con un drappo. Cosa voglio dire con questo? I tempi dell’arte sono sempre stati dei tempi che hanno anticipato il pensiero e di conseguenza la crescita sociale e civile di una collettività. Gli artisti hanno da sempre rappresentato, citando De Andrè, gli “anticorpi” della nostra società contro il volere più cupo e oscurantista.” Continua il critico d’arte Sottile commentando la vicenda dei lavori di Dario Agrimi che hanno suscitato scalpore a Cosenza: “Ho avuto Dario tra gli artisti selezionati nel giugno 2011 presso il Museo del Presente in una mostra che voleva fare il punto della situazione sul percorso dell’arte contemporanea attraverso giovani artisti talentuosi. Già allora il lavoro di Dario fu di forte impatto. Le recenti vicende presso la Galleria ELLEBI non mi preoccupano poiché conosco bene il valore del percorso artistico di Dario e ancora meglio il grande lavoro che Marilena e Claudia Sirangelo stanno portando avanti presso la Galleria ELLEBI, con una programmazione di caratura nazionale ed internazionale, con la partecipazione a fiere importanti e la realizzazione di mostre che hanno suscitato l’interesse della migliore critica nazionale e non solo. Che i lavori di Dario Agrimi abbiano suscitato scalpore non mi infastidisce, poiché hanno comunque veicolato un messaggio, hanno generato una reazione. Resto perplesso però nel leggere le motivazioni di questo scalpore, che giudico come una vera e propria aggressione all’arte contemporanea. Oggi Cosenza ma più in generale la Calabria non è più periferia culturale ma grazie ad importanti iniziative compete con i grandi centri culturali italiani ed europei. Qui si fa una programmazione di qualità e certamente la Galleria ELLEBI è un partner importante di questa idea di una Calabria competitiva che investe in arte contemporanea, puntando soprattutto verso la valorizzazione di giovani artisti che hanno già dimostrato di essere all’altezza di palcoscenici internazionali. Consiglierei a chi nutre preoccupazioni nei confronti dei lavori di Dario educarsi alla cultura, di frequentare di più i nostri musei e le nostre gallerie d’arte, compresa la Galleria ELLEBI che è fulcro vitale per tanti artisti bravi e talentuosi. L’arte contemporanea certo non è facile, ma ciò non significa che Cosenza e la Calabria devono arretrare semplicemente perché qualcuno non ne capisce il motivo e non ne coglie l’idea e l’intuizione artistica.” La storica dell’arte e curatrice Gemma Anais Principe esprime il suo pensiero :” Le accuse di questi giorni, mosse da numerosi passanti offesi dall’allestimento, sono diverse: è una trovata pubblicitaria, macabra, poco adatta a bambini – alcuni avrebbero addirittura urlato dal terrore! – , l’artista è insensibile nei confronti di quelle persone che hanno avuto tragiche esperienze familiari di suicidio. E’ qui che la vicenda, letta nel contesto contemporaneo della ipercondivisione di informazioni possibile grazie a internet, diventa un interessante esempio di analfabetismo funzionale: l’opera viene vista ma non osservata con attenzione, viene attacca ma non interpretata se non tramite la singola esperienza personale, emozionale, impietosa. La maggior parte dei detrattori ha individuato nella figura un impiccato. Eppure, nessun cappio è presente nella scena. Centinaia di commenti demandano la rimozione, manifestano la repulsione nei confronti dell’opera, la necessità di proteggere i bambini dalla visione dell’orrore. Ma non è dato sapere quanti tra questi siano entrati in galleria, chiedendo spiegazioni sull’opera, approfittando della presenza delle galleriste – mediatori culturali tra media e audience – per trovare una lettura, una storiella da fornire ai bambini, insomma un’assoluzione prima di digitare la pubblica gogna nei confronti dell’artista. Non è dato sapere in quanti, prima di accodarsi alle lamentele, abbiano fatto un giro su internet cercando nozioni che potessero aiutare la comprensione dell’opera soprattutto a coloro i quali, dietro il classico “io non ne capisco ma…” puntualmente trovano un confortante nascondiglio dal quale scagliare la biblica prima pietra dell’opinionismo dilagante. Se lo avessero fatto, sul sito del prestigioso Premio Celeste di arte contemporanea avrebbero trovato una descrizione dell’opera comprensibile anche ai chierichetti.”

    Alessia Rausa

    Più informazioni su