Quella bimba dovrebbe già essere stata data in adozione

Quali sono i motivi del ritardo? Perché questa lentezza amministrativa?

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    Un bambino appena nato non riconosciuto dalla madre per effetto della legge che tutela il parto in anonimato può essere adottato sin da subito. Il caso della bambina che vive da otto mesi, ovvero dalla nascita, nel reparto di neonatologia dell’ospedale di Cosenza, è davvero anomalo, non solo perché si tratta di una persona che ha bisogno di un ambiente idoneo e della presenza genitoriale per una corretta crescita psico-affettiva, ma soprattutto perché bisognosa di cure mediche e di un’operazione presso un’altra struttura ospedaliera.

    Non si capiscono i motivi del ritardo che, di fatto, costringono la bimba a vivere in ospedale, dove il personale infermieristico, per quanto di nobili intenzioni, è soggetto a turni e non può farsene carico a tempo pieno. Otto mesi per un neonato sono davvero tanti. Il suo sviluppo corporeo e psico-motorio entra in una fase critica anche per lo svezzamento. Comincia a gattonare e a spostarsi.

    Ha sempre bisogno di qualcuno che lo segua con la dovuta attenzione. Un reparto di ospedale non può essere la sua famiglia. E neppure una tutrice nominata dal tribunale dei minori o, come in questo caso, dal Garante regionale dell’infanzia, in quanto la normativa prevede la sospensione della procedura di adottabilità per un massimo di due mesi, durante i quali la madre deve comunque mantenere un rapporto di continuità con il bambino

    . Ci sono due importanti principi della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia che andrebbero osservati: “Superiore interesse” (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità, e il “Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino” (art. 6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati. Un bambino “parcheggiato” in un ambiente ospedaliero nei suoi primi otto mesi di vita rischia di avere compromesse alcune importanti funzioni di crescita, per cui la situazione deve essere risolta al più presto con l’adozione, garantendo al bambino la possibilità di vivere in una famiglia che lo accolga e lo protegga.

    Al momento della nascita, le due realtà, bambina e mamma, si sono scisse su richiesta di quest’ultima che, per motivi comunque gravi, ha deciso di affidare la vita della figlia alle decisioni delle istituzioni statali affinché ne garantissero con solerzia e sollecitudine il benessere. Il DPR 396/2000, art. 30 al comma 1 prevede l’anonimato della madre nella dichiarazione di nascita rispettandone l’eventuale volontà a non essere nominata. Inoltre, consente di mantenere la segretezza della madre naturale che abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonima anche nel caso il figlio voglia in futuro esercitare il suo diritto a conoscere l’identità dei suoi genitori biologici.

    E’ una normativa a sostegno della vita che contrasta l’aborto e gli abbandoni selvaggi che dovrebbe essere maggiormente conosciuta perché consente al neonato di essere adottato e di essere così integrato in una famiglia, rispettando comunque la volontà della madre a non essere identificata. Ma se la lentezza amministrativa è di questa portata e le istituzioni non si mobilitano, la normativa viene disattesa e ritenuta banalmente inutile.

    Francesca Rennis

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