Daniela Falcone, in Appello la 48enne vince due anni

Sconto di pena, abbuono di pietà più giuridica, che umana

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    Il caso giudiziario di Carmine De Santis, il martire undicenne di Rovito, brutalmente assassinato, il primo marzo del 2014, da sua madre, Daniela Falcone, la 48enne, ribattezzata la “Medea” cosentina, s’arricchisce di un nuovo eclatante colpo di scena. La dona, infatti, esce dal processo di secondo grado con una condanna ridotta di due anni. Quei sedici anni, inflitti in primo grado dai giudici di Paola, sono diventati, infatti, 14. Un abbuono di due anni, deciso dai giudici della Corte d’Appello di Catanzaro (Marco Petrini, presidente; Vincenzo Galati, a latere, ndr) per via della cancellazione dell’aggravante della premeditazione. Uno sconto di pena che, se da un lato ha indignato, stupito l’opinione pubblica, dall’altro ha soddisfatto le richieste dell’avvocato Gianluca Serravalle, legale di fiducia della donna che, sia nel corso del dibattimento di primo grado che durante la discussione del processo d’Appello, ha, sempre, puntato la sua attenzione su un vizio parziale di mente della sua assistita. Quella mattina del 1 marzo Daniela Falcone, secondo il legale del foro cosentino, s’accanì contro la vita innocente ed indifesa di suo figlio, non mossa da un impeto d’odio, ma spinta da un black out psicologico-emozionale e mentale contro il marito, reo di averla tradita e di mantenere in piedi una relazione extraconiugale. Una relazione che non era una semplice scappatella, né un capriccio carnale, ma qualcosa di importante. Tanto che il marito di Daniela Falcone, da questa donna misteriosa aspettava anche un figlio. La confessione di quel tradimento, ammessa al termine di un litigio, forse l’ennesimo, mandò in tilt l’interruttore nevralgico di Daniela Falcone che, già provata interiormente dalla mancanza di un lavoro, dalla precarietà economica, dall’incertezza sul suo futuro e su quello dei suoi affetti, cercò di trovare nel volontariato, nella frequentazione della Chiesa e dei gruppi di preghiera, un parafulmine mentale per andare avanti. Quella mattina del 1 marzo, Daniela Falcone, uscì di casa e si diresse verso scuola di suo figlio. Entrò in aula e chiese alla maestra di poter prendere suo figlio prima. L’undicenne, felice di stare più tempo fuori che dietro un banco, allettato dalla proposta di sua madre di andare a fare una gita, non esitò nemmeno un secondo a seguire sua madre in quella passeggiata verso l’ignoto, in quella scampagnata verso la morte. Daniela e suo figlio imboccarono la via dell’appennino paolano. Arrivati in un bosco, incontaminato e protetto dalla vegetazione e dalle bellezze della natura, Daniela attuò il suo piano di vendetta. Prima offrì a Carmine dei gustosi succhi di frutta, corretti con tranquillanti, poi, quando le forze e i riflessi dell’undicenne s’addormentarono, s’accanì contro di lui sfigurandolo, massacrandolo, violandolo, finendolo con un paio di forbici. Quelle stesse forbici che poi utilizzò contro se stessa, ma che non servirono nel suo intento punitivo-suicida. La denuncia di scomparsa, fece scattare i soccorsi e le ricerche. Due giorni dopo la scomparsa, i poliziotti ritrovarono l’auto con dentro la Medea e il martire 11enne che, ha pagato con la sua vita, la fine di un patto d’amore, d’affetto, di stima e di complicità. Una promessa d’amore non mantenuta da due adulti, fatta scontare ad un ragazzino. Pieno di vita e di sogni, ricco di sorrisi e di spensieratezza. Sin dal suo arresto Daniela Falcone ha sempre urlato la sua innocenza, ha sempre “protetto” il suo Carmine, ha sempre negato di essersi macchiata di un delitto così atroce, così abominevole, così efferato, così inconcepibile, così brutale. Sin dal suo arresto, Daniela Falcone è stata studiata, letta, analizzata, vivisezionata interiormente, mentalmente ed emozionalmente da un team di strizzacervelli. Un team, scelto dall’avvocato Gianluca Serravalle, un team di esperti che ha percorso il labirinto mentale di Daniela. La mente di Daniela Falcone, come la sua anima macchiata di sangue e d’anaffettività, è un groviglio di strade, dove la vita e la gelosia s’incrociano allo svincolo con la morte e la disperazione.

    Carmine Calabrese

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