La “Pinta” ritorna nella chiesa dei Cappuccini

L’icona è stata realizzata da Rita Mantuano in base a ricerche filologiche

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    Dal mistero della sua scomparsa all’immagine ritrovata. L’icona bizantina della “Pinta” identificata come “Madonna michelizia” di Amantea è nuovamente visibile grazie al lavoro di ricerca storica e iconografica portato avanti in modo sinergico dalle associazioni “Lo scaffale” di Amantea, che ha proposto il progetto, “Brutia libera” di Cosenza e la “Confraternita dell’Addolorata” di Amantea.

    Una riproduzione realizzata da Rita Mantuano, raffinata iconografa che, oltre ad aver realizzato l’antico manufatto, ha fornito al progetto un prezioso contributo filologico. Dell’antica icona è possibile, infatti, ritrovare tracce in epoca medievale nella Cattedrale che ne porta il nome. La copia ispirata sul modello originario sarà esposta dal 9 luglio prossimo, alle ore 19:00, nella chiesa dei Cappuccini, dove era stata segnalata dal gesuita padre Fazari. Qui si procederà ad una cerimonia di benedizione dell’icona, seguita da una illustrazione del “sacro manufatto” nei suoi caratteri storici, simbolici e identitari. In sintesi l’excursus storico-artistico per la ricostruzione della preziosa icona.

    Nel 1677 alla Madonna michelizia di Amantea viene dedicato un capitolo nell’”Atlante mariano” del gesuita Guillermo Gumppenberg, dove vengono elencate le Madonne “miracolose venerate in tutte la parti del mondo”. Gumppenberg si avvale di testimonianze, tra le quali quella di un Rettore del Collegio dei Gesuiti di Amantea, padre Fazari, il quale, nel 1663, riferisce di un’antica icona ad Amantea chiamata, appunto, “Madonna michelizia”, probabilmente per il forte legame esistente tra Maria e l’Arcangelo Michele, così come rappresentato nell’Apocalisse di Giovanni. Dell’”Atlante” di Gumppenberg ci è pervenuta anche una traduzione ad opera di Zanella risalente al 1845 che cita la Madonna michelizia di Amantea.

    Si suppone, tra l’altro, secondo gli storici de “Lo scaffale”, che l’icona originaria provenisse da un monastero micaelico, da cui la denominazione di “Madonna michelizia”, e che fosse oggetto di particolare devozione nella diocesi di Tropea, di cui anche Amantea faceva parte. La rappresentazione ad opera dell’artista Rita Mantuano è stata possibile attraverso il confronto incrociato con la tavola della Madonna michelizia esposta nel museo diocesano di Tropea e un’altra icona, la “Vergine della Tenerezza” , conservata presso il museo di Cleveland (Usa), scelta dopo approfondite ricerche sull’iconografia mariana bizantina come modello d’icona ispirato al modello originario.

    Francesca Rennis

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