Mariella, dipendente dal cibo per carenze d’affetto materno

Isolata dentro un rifugio di 100 kg, per sfuggire dall'anaffettività, dall'inadeguatezza, dalla solitudine, dalle paure, dall'incomprensione. E, da sua madre.

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    Il volto, il corpo, l’anima e gli occhi di Mariella (27 anni secondo la carta d’identità, molti di più, secondo i dolori del suo passato, ndr) raccontano, meglio di qualunque ipotetico ed appassionante romanzo, la sua difficile esistenza. Il suo disagio, nel mondo e con il mondo. Quello stesso mondo, da cui è in fuga. Da sempre. Mariella, grandi occhi spenti di entusiasmo e di vita, protetti da un grosso paio d’occhiali, rigorosamente scuri, quasi a voler, ulteriormente, nascondere ogni qualsivoglia accenno di emozione, il suo disagio, per anni, se l’è tatuato addosso. Frasi, pensieri tristi, stati d’animo raccontati con la sofferenza dell’inchiostro e con il dolore degli aghi. Quello stesso dolore che, per altrettanti anni, soprattutto durante la sua adolescenza, s’è auto inflitta, fino allo svenimento. A diciassette anni, Mariella ha detto basta, basta di raccontarsi sul corpo, basta di descriversi come un libro aperto. E, ha scelto, come forma di comunicazione e come megafono di ribellione, di rifugiarsi dentro casa e di allearsi con il cibo. Soprattutto quello spazzatura. Soprattutto quello che ti devasta dentro, distruggendosi il metabolismo, affannandoti il respiro e sconvolgendoti gli equilibri ormonali e psicologici. “Ho pensato spesso anche ad altre vie d’uscita: la droga e il suicidio. Ma, non ce l’ho fatta. Per drogarsi bisogna essere vigliacchi e io non lo ero ieri e non lo sono, né lo diventerò. Per suicidarsi ci vuole disprezzo. Io ne ho tanto per mia madre, non per la vita”. Mariella è da una vita in guerra con sua madre. Quella che a suo dire: “più che darmi la vita, mi ha tolto la felicità e ha reciso il cordone ombelicale con la mia autostima e la mia capacità di sorridere”. Mariella per anni è stata considerata un peso, un errore, uno sbaglio, una fesseria. Parole che si è sentita ripetere fino alla noia e anche oltre alla noia. Parole, pesanti come gli schiaffi, dolorose come le sberle. E Mariella, fino ai diciassette anni, non è mai riuscita a capire perché. Non riusciva a spiegarsi perché quela madre che, per nove mesi l’avevo portata in grembo, l’aveva allattata al seno e le aveva cantato le ninne nanne, poi non l’avesse più chiamata con il suo nome, ma l’avesse ribattezzata come “bastarda”, “ameba”, “inconcludente”. Esattamente come suo padre e sua nonna. Sì, perché Mariella era figlia di un amore inesistente, di un legame tra un uomo e una donna che viaggiava su un’unica corsia. Sì, perché Giuseppe (padre di Mariella, ndr) sua moglie l’amava e anche tanto. Nonostante il suo carattere duro, nonostante quella sua indole ambiziosa, nonostante quella sua freddezza affettiva. Ma Ivana, tutto voleva, meno che Giuseppe. Quell’incontro, quell’amore, quel matrimonio, quella nascita, erano state la sua “più grande caduta”. Di vita e di stile. Ivana, voleva Maurizio e lo voleva, nonostante lui avesse una fede al dito e tre figli. Ma, forse non voleva lui. Voleva amare la sua immagine, voleva flirtare con il suo carisma, voleva accarezzare la sua eleganza, voleva eccitarsi con sua vita avventurosa. Di uomo, ricco e giramondo. Giuseppe, invece, dipendente pubblico, secondo Ivana non aveva nessuna qualità. Anche quel suo modo di essere teneramente romantico e perdutamente innamorato di lei, era diventato un grande difetto, più che un nobile pregio. E, come reazione, Ivana aveva cominciato ad odiare quella sua vita, vivendola come una prigionia. Odiava Giuseppe, la sua casa, il suo matrimonio. E, soprattutto, odiava Mariella. Colpevole di somigliare a sua padre, nei tratti somatici e nel modo di essere. Semplice e tenera, romantica e sognatrice, idealista e appassionata. Mariella ha cercato aiuto, ha cercato di riallacciare un rapporto, ha cercato un dialogo con sua madre. Ma, senza successo. I suoi slanci d’affetto verso sua madre, si sono sfracellate per terra. Distruggendosi. Mariella ha deciso di uscire dal suo isolamento, ha deciso di aprirsi al mondo, di mostrarsi con tutte le sue fragilità, con tutti i suoi kg. Mariella ha deciso di amarsi e rispettarsi. E, con l’aiuto dei ragazzi e delle ragazze di un gruppo d’ascolto, sta riemergendo dai fondali delle sue paure. Mariella ha trovato in uno psichiatra un alleato, un complice, un confidente che la sta aiutando a liberarsi dalle zavorre dei suoi pensieri neri e anche dalla pesantezza dei suoi chili. In eccesso.

     

    Carmine Calabrese

     

    Foto dal web

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