Una ‘Santa’ lezione di vita. Di fede, di speranza e pazienza

Per raccontare bene questa storia, si ricorre alla più inflazionata meditazione giornaliera, "santa pazienza", appunto, utilizzata tanto come atto di fede, quanto come slang di resistenza alle avversità.

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    Santa di nome, “pazienza” di fatto. Questa storia, parla proprio di Santa, 40 anni, un passato complicato alle spalle, un presente quasi guarito e un futuro troppo miope per riuscire ad intravederlo. Santa, sin dai suoi primi passi, ha imparato a camminare tenendo per mano le sue due amiche del cuore: la speranza e la pazienza. Sono state e sono ancora proprio loro a farla andare avanti. Sono state e sono ancora loro a darle fiducia. In se stessa e, nonostante tutto, nella vita. Già la vita. Quella di Santa, assomiglia più ad un’avventura che ad una favola. La 40enne, cresciuta in una famiglia “malata” d’anaffettività e “infettata” d’indifferenza, ha passato la sua infanzia e la sua adolescenza, a costruire legame affettivi forti con amici immaginari e con le sue bambole. A loro, ha confidato paure, sogni, speranze, desideri. Pur non ricevendo mai alcuna risposta, Santa, però, nel suo mondo di bambole silenziose e amici immaginari, si è sentita protetta, accettata. Perfino capita. A quattordici anni, Santa ha dovuto fare i conti anche con la perdita del padre, l’unico che, in fondo, le voleva bene e l’ascoltava. Con i suoi modi e con i suoi tempi. Il giorno prima del suo diciottesimo compleanno, la vita di Santa è stata turbata da un altro lutto: la scomparsa di sua madre, “sfinita” nel fisico e nella forza mentale dalla leucemia. Il suo 18esimo compleanno, quel suo ingresso nel mondo dei grandi, Santa l’ha trascorso da sola, chiusa nella sua stanza. Ancora una volta, c’erano solo le sue coloratissime bambole e i suoi amici immaginari a tenerle compagnia, a farle forza a farla sentire meno sola. A 21 anni, Santa ha trovato anche l’amore. Giulio, il suo fidanzatino dei tempi delle scuole elementari, si era dichiarato, promettendole una vita agiata e che si sarebbe sempre preso cura di lei. Ma, anche in questo caso, Santa ha dovuto fare i conti con l’ennesima delusione affettiva, collezionando un altro bluff. Santa ha scoperto che quel Giulio, non era e, forse, non lo sarebbe mai stato completamente “suo”. L’avrebbe dovuto dividere e condividere con il calcetto, con il rafting, con la palestra, con il lavoro, con gli amici e con le “collezioni” di farfalle, di monetine e di scappatelle. Già le scappatelle, quelle tante. Quelle di una sola notte, quelle di un week end, quelle che sarebbero durate anche più di un mese o quanto tutta una vita. Ma, Santa, non ha mollato, non è crollata, non si è spazientita. Armata di pazienza e di speranza, ancora una volta si è risollevata e ha deciso di ripartire. Da se stessa. Il primo atto della sua ennesima rinascita è stato quello di separarsi da Giulio e dalle sue bugie. Questa ferita affettiva è stata “suturata” con un risarcimento. Una sorta di buonuscita di sopportazione. “Sono abituata ai distacchi, ne ho collezionato talmente tanti da non farci quasi più caso. Nonostante tutto, però, mi sento una donna fortunata. La fede in Dio, la speranza nella vita e la convinzione che la nostra esistenza è fatta di prove, mi permettono di andare avanti e di vedere ancora il buono, il meglio e il bello nella vita e nelle persone”. Già, Santa, infatti, ha deciso di “impegnare” la sua vita a favore di chi è solo, di chi non ha nulla, di chi non ha nessuno con cui confrontarsi e confessarsi. Non avendo vicino nemmeno bambole bellissime e amici immaginari. “Ho imparato che non serve a nulla piangersi addosso, men che meno serve a molto mettersi in un angolo, vivere con la testa bassa e lasciarsi commiserare o pietire. Ho sofferto nella mia infanzia e nella mia adolescenza, ma so che ogni giorno, in ogni angolo del mondo, c’è chi soffre ancora peggio e chi lotta ancora di più. Nei poveri, negli sbandati, nei emarginati, nei rifiutati ho trovato me stessa, ho trovato una ragione, ho trovato una speranza, ho trovato una motivazione, ho trovato Dio. E, già solo per questo, mi sento una donna non solo fortunata, ma anche realizzata”. Il cellulare di Santa squilla all’impazzata. Lei, con voce tranquilla e rassicurante, risponde a tutti i suoi interlocutori, molti dei quali sono “invisibili” agli occhi degli altri. “Achille ha bisogno degli omogeneizzati per la sua bambina; Rachele ha bisdogno di un lavoro; Paola ha bisogno di soldi per pagare le bollette; Carmela ha bisogno delle medicine; a Patrizia, invece, serve un delicato intervento chirurgico”. A Santa, cosa serve? Lei risponde con un sorriso. “Ho Dio, pazienza e speranza, fede e determinazione. Coraggio e amore. Non credo mi serva altro. E, poi, ho loro. Con una vita così ricca e completa, non potrei chiedere di più. Sarebbe blasfemo, anche solo pensarlo”. Questa come potete capire, non è solo una storia di vita, è qualcosa di più: è una Santa lezione di fede, speranza e pazienza. 

     

    Carmine Calabrese

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