Prostituzione. Viaggio nella città ‘perduta’

Cosenza, l'area urbana e il suo vasto hinterland sono territori a ‘double face’

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    Racconto di un viaggio, lungo il rettilineo del piacere. Più perverso e peccaminoso. Ingorgo di vite fragili e di anime, perse e disperse, all’incrocio tra la via della disperazione e la strada verso la … vita. Cosenza, l’area urbana e il suo vasto hinterland sono territori a “double face”: l’apparente normalità mattutina, “tramonta” con l’oscurità, trasformandosi in impulsi ormonali, di piacere e peccato. Di incubi e risvegli. Di paure e speranze. Di fede e di perdizione. Di devianze e fughe. Di viaggi e avventure. A volte, senza ritorno. Purtroppo. Basta fare un giro in alcune zone della città e dell’hinterland, per varcare la soglia di quei territori nascosti, terre di nessuno e anticamera dell’inferno. La zona della Villa Nuova, così come piazza Amendola, così come l’area delle Poste vecchie è un “arcipelago” di disperati, tossici ed invisibili. E’ una città che spaventa, nella città che dorme. E’ una città che “vive”, nella città che sogna. E’ una città che racconta drammi, nella città che, però, fa finta di non vederli. Le “ronde” di polizia e carabinieri, non sempre bastano e non sempre servono a frenare questa “discesa”, continua, verso gli inferi. Tra travestiti intenti a “regalare” piacere e a “regalarsi” notti da donne, notti desiderate tutta una vita; tra sbandati in cerca di un “volo” last minute per il Nirvana e tra dimenticati, raggomitolati negli angoli delle strade, nascosti sotto coperte di cartone e fogli di giornale, si fanno largo le luci degli abbaglianti delle auto. Alcune sono in transito, altre, invece, cercano un’occasione per finire all’inferno. Per “bruciare” le proprie insoddisfazioni, per far divampare le proprie mancanze, per incenerire i propri vuoti esistenziali, per incendiare le proprie vite. Spesso di plastica. Lasciando l’area periferica della città e imboccando la strada che porta a Rende, si finisce nella zona di contrada Cutura, ex area industriale che si “perde” tra il regno di Arcavacata e il sentiero trafficato verso San Fili. Contrada Cutura, sembra la mappa di un gioco. Tante case, tante strade, vecchi capannoni e tanti, tanti cancelli. Lungo una di queste tante strade, nei pressi di un cancello blu c’è un via vai di “anime”, alcune perse, altre in cerca di se stesse, altre ancora desiderose di trovare un posto, una destinazione, un sogno o uno scopo. Quello che fa più male agli occhi e al cuore, è che sono giovanissime, “anime” ancora bambine, costrette a diventare “femmine”, costrette a vendersi, costrette a piacere. A tutti i costi. Per soldi, per costrizione, per disumanità. Già la disumanità. Tanta è quella che hanno dentro i “papponi” e gli “sfruttatori” che hanno tra le loro dita, sporche di indifferenza, le vite di queste ragazzine. Ma, è tanta la disumanità di quei cosiddetti “insospettabili” che, come in un giro d’atteggio in auto, rallentano, abbassano il finestrino ed “eiaculano” desideri, perversioni e piacere, alla sola vista della “merce”. Le ragazzine, sedute come bambole esposte in una vetrina, aspettano …. l’occasione giusta. Per riprendersi la propria vita, per ritrovare se stesse, per ripartire dalla propria spontaneità. Per riprendersi i sogni, per riappropriarsi dei sorrisi e delle speranze, per ricominciare una vita nuova, che dovrebbe divertirsi a giocare con le bambole, non a imporre di diventare bambole.

    Carmine Calabrese

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