Villapiana, agguato in centro: Portoraro travolto dal piombo

Il 63enne è stato freddato da due killer. E’ un delitto di mafia

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    Mezzogiorno di fuoco e … di piombo. L’odocre acre della morte e il puzzo di “malvagità” e di disprezzo della vita, hanno intasato l’aria di Villapiana. Quasi come fossero gas di scarico. Quasi come se, d’un tratto, l’aria sia diventata irrespirabile. Anche il piombo, ancora è sprigionato nell’aria. Con quel piombo è stato “giustiziato” Leonardo Portoraro, classe ‘55, nativo di Cassano allo Jonio, considerato dagli inquirenti uno “di peso”. L’uomo, infatti, compare in diversi verbali della Dda e della Dna. Non solo. Il 63enne, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, è l’ennesima vittima di un infinito regolamento di conti tra clan rivali. Clan che “marcano” il territorio. Cosche che, a suon di intimidazioni e morte, a suon di proiettili e minacce, cercano di prendere l’egemonia, controllando di tutto: droga, estorsioni, armi, prostituzione. Leonardo Portoraro, uscito di galera un po’ di tempo fa, è stato affiancato nei pressi di un lounge bar, riconducibile alla sua famiglia, e freddato all’istante. Una “sentenza”, inappellabile, emessa dalla mala. Contro Portoraro, secondo le prime ricostruzioni investigative, sono stati sparati numerosi proiettili. Percè, da queste parti, la “mala”, non ha regole. Non conosce la presunzione d’innocenza, non ammette las prescrizione delle colpe, non contempla il “perdono” degli sgarri. La mala, da queste parti, spara. E, lo fa, infischiandosene se una piazza, un bar, un ristorante, una strada sia piena di gente o sia isolata. La mala, da queste parti, spara e uccide. E, lo “sgarro” si paga con il sangue. Lo “sgarro” si condanna, senza aspettare altri gradi di giudizio. Due, probabilmente, i “messaggeri di morte”. Che, come al solito, hanno agito in maniera fulminea. E, a volto coperto. Nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito niente, nessuno quasi sa. Da queste parti è così. Meglio voltarsi dall’altra parte, meglio non “pestare” i piedi ai “signorotti” delle cosche e ai loro guardaspalle. Meglio, far finta di niente. Lo Stato, infatti, da queste parti è solo. Chi sa, preferisce non parlare. Troppo alto il rischio di ripercussioni, troppa elevata la paura di rimetterci qualcosa. Tipo, la vita. L’omicidio di Leonardo Portararo è una “lezione”. A lui e alle persone a lui più vicine. Il delitto, pianificato per giorni, è stato studiato bene. Chi ha agito, ha osservato a lungo i suoi movimenti e le sue abitudini. Il 63enne, forse, non ha avuto nemmeno il tempo di accorgersi di quello che gli stava accadendo. E, di scappare. E’ rimasto lì, fermo nella sua auto. Che, è diventata la sua “tomba”. Le indagini, sono difficili. La mancanza di occhi e di orecchie indiscrete, l’assenza di “cantate”, non aiuta. Ma, anche di fronte al silenzio, all’omertà, alla cecità, di una parte o di tutta una collettività, lo Stato, ha sempre dimostrato, di vincere, alla lunga, la sfida contro i “cattivi”. Anche questa volta, siamo sicuri che sarà così. La zona di Villapiana, ormai da ore, è in “mano” alle forze dell’ordine. Polizia e carabinieri stanno perlustrando ogni singolo centimetro di questo posto. Posti di blocco, perquisizioni, controlli, anche con l’utilizzo dei mezzi aerei e con l’ausilio delle unità cinofile, proseguiranno per tutta la giornata. Una prova di forza. Un messaggio generale: lo Stato c’è. I carabinieri stanno provvedendo anche a controllare tutte le telecamere a circuito chiuso, installate nella zona dov’è avvenuto l’omicidio. Nessun dettaglio, viene trascurato.

    Carmine Calabrese

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