Mikael Santelli, una chiacchierata tra teatro e applausi

L’attore cosentino:” Per me l’arte è divertimento. E’ come restare sempre bambino”

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    Su il sipario, vanno in scena gli applausi. A scena aperta. L’arte, non è qualcosa che si sceglie. Ma, ti sceglie. E’ tutta una questione di indole, è una “vocazione”, una fede, con la quale si viene al mondo. Mikael Santelli, professione artista a tutto tondo, con licenza di stupire e di emozionare, è uno di quegli straordinari esempi di cosa vuol dire recitare, trascinando sul palco, non solo la mente e il corpo ma, anche l’anima. Soprattutto, l’anima. Perchè, se nelle cose che fai, in quelle in cui credi, in quelle che insegui e in quelle che speri di incontrare per strada, non ci metti l’anima, alla fine, non vai da nessuna parte. E, Mikael Santelli, l’anima la mette in scena, diventando l’alter ego degli stessi personaggi che interpreta. E’ un caratterista, capace di diventare folle, ironico, geniale, estroso, enigmatico. Capace di diventare chiunque gli imponga il copione. L’incontriamo durante le prove di uno spettacolo: “Dorian e la Vanità assassina”. Nonostante la tensione da debutto, l’attore cosentino, mostra i segni della calma. Ride, ripete mentalmente le sequenze di scena, ricontrolla tutto quello che serve al personaggio che deve portare in scena. “Sono così, – esordisce accogliendoci con un sorriso – il teatro è la mia vita. E’ la mia dimensione reale. E’ una parte di me. Lo è da sempre, lo sarà per sempre”. Vedendolo recitare, non credi ai tuoi occhi.

    Fai quasi difficoltà a credere che questo “grande” per talento, per interpretazione, per determinazione, abbia tutta questa vis recitativa dentro. Sembra di assistere a qualcosa che ha diversi punti di contatto con il teatro di Streheler, di Bene, di Gassman. Qualcosa di davvero alto. Molto più vicino alla perfezione divina che alla fallibilità umana. La conferma, viene dalle standing ovation che, puntualmente, il pubblico gli riserva. Applausi, applausi, applausi. Convinti, autentici, partecipi. Meritatissimi. Cresciuto in una famiglia che, da una vita, nutre e si nutre, di parole, di bellezza, di meraviglia e di teatro, nel corso degli anni, Mikael, ha perfezionato il suo stile, ha migliorato la sua padronanza a “dominare” il palcoscenico, ha affinato la sua capacità, assolutamente naturale, a “sintonizzarsi” sulle stesse frequenze emotive del pubblico, facendogli arrivare tutto se stesso. Oltre se stesso. “Già da piccolo, mi piaceva fare teatro. Mi divertito a diventare un altro. Mi immaginavo di poter un giorno salire su un palcoscenico ed interpretare chiunque. Per me, fare teatro, non è solo recitare una parte. E’ entrare proprio in quel personaggio.

    Penso che l’arte sia la più grande dimostrazione di come, nonostante una maturità anagrafica certa, si possa e si debba restare bambini. Perchè l’arte è spontaneità, è innocenza, è leggerezza, è divertimento. Io, quando salgo sul palco, quasi annullo la mia stessa identità. Quando recito, sembra quasi che mi sdoppi: la mia parte istintiva, irrazionale, esuberante, entusiasta, bambina, sale sul palco, quella razionale, controllata, attenta, critica resta seduta in sala, rimane nascosta dietro le quinte, diventa spettatore”. Ed è così, con questa sua camaleontica personalità che dimostrale sue doti artistiche, finendo per collezionare ruoli di prestigio all’interno delle varie rappresentazioni. Il suo modo di essere, la sua predisposizione autentica ai rapporti umani, affascinano, allo stesso modo e con la stessa intensità con cui conquista il pubblico e la critica. L’ingresso nel mondo fatato dell’arte, illuminato dalla luce accecante dei riflettori, inizia allo scoccare degli anni ‘90. Da allora ad oggi, l’attore cosentino, non ha mai smesso di crescere professionalmente, cercando di “rubare” con gli occhi, con la gestualità, con l’entusiasmo e con il corpo, tutto il “mestiere” ai grandi. “Il mio cammino è lungo. Anche perché è davvero – continua – un minuzioso lavoro di ricerca. Un infinito esercizio sulla conoscenza di me stesso, delle mie capacità, delle mie potenzialità”.

    Con lui, ripercorriamo le “tappe” della sua crescita. Prima di risponderci, beve un sorso d’acqua, quasi a voler mettere a loro agio anche i pensieri. “Dal palcoscenico del teatro dell’Acquario di Cosenza che m’ha “battezzato” come attore, – riprende Mikael Santelli -assegnandomi il diploma, fino ad una lunga serie di performance in lungo e in largo per i teatri di Italia e di un’infinità di partecipazioni nei cast di serie televisive, di strada, credo, di averne fatta”. Anni e anni di applicazione, di studio e di sacrifici, gli sono valsi il conseguimento di nuove “lauree” professionali: dall’Accademia d’arte drammatica “Pietro Sharoff” di Roma, all’Accademia di Gigi Proietti. Passando, anche per compagnia sceniche e casting. Ma, non si sente un “arrivato”. “Ho ancora – racconta, tenendo in mano il copione del suo spettacolo – tanta voglia di imparare, di migliorare, di potermi sentire ancora un “alunno”. Perchè, solo sentendosi eternamente sotto esame, non si perde di vista la strada, non si perdono di vista gli obiettivi e, soprattutto, non si perde la testa. Perchè, in fondo, questo è un mondo complicato, dove dalle stelle alle stalle e viceversa, è un attimo. Anche meno di un attimo”.

    Lui, infatti, antidivo per eccellenza, è il primo critico di se stesso. La sua preparazione ad una performance è, qualcosa, di quasi maniacale. Attentissimo ai dettagli, scrupoloso anche nelle minuzie scenografie e stilistiche, Mikael Santelli ha il talento. Ha il sacro fuoco della recitazione dentro, ha la fiamma dell’entusiasmo che gli divampa nel corpo e gli incendia l’anima, fino a farlo diventare … grande. Come solo i grandi sanno essere, come solo i grandi sanno emozionare.

    Carmine Calabrese

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