Aieta: sala gremita per l’incontro dibattito contro la violenza di genere

Presenti i ragazzi dell’Istituto Socio Sanitario e dell’Istituto tecnico per il Turismo di Tortora

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    “Perché parlarne è il primo passo per affrontare la violenza e riappropriarti della tua vita”. Questo il suggerimento e il monito alle tante donne presenti ieri sera ad Aieta, in occasione dell’incontro in cui si è parlato di stalking, violenza di genere e malessere, organizzato e moderato dalla giornalista Diletta Aurora Della Rocca. La grande sala del Palazzo rinascimentale ha evocato tempi in cui le donne ispiravano sonetti e dipinti, ma anche sudditanza e brutalità. Come oggi. Perché su questo piano poco è cambiato, se non la consapevolezza e la legge che le tutela.

    Le donne continuano ad essere amate e picchiate e uccise. Come ha sostenuto il giornalista Ugo Florio, quel che necessita, a iniziare dalle scuole, è l’educazione sentimentale, altrimenti nella vita di relazione la sconfitta è dietro l’angolo. Anche Anna Lacava, consigliere delegato alle Politiche sociali del Comune di Aieta, nel chiedersi con semplicità quale strada percorrere, ha indicato la sola giusta, quella del dialogo con la sua comunità, anche su questi temi.

    La giornalista e scrittrice Mariapia Volpintesta, quindi, ha presentato alcuni spunti del suo lavoro di ricerca, sfociata in una pubblicazione saggistica, “Ti amo più della tua stessa vita”. Un lavoro di tre anni, un’inchiesta, le cui fonti sono stati prevalentemente i giornali, che si trasformano in questi casi in depositari del fenomeno. Amore criminale, ossimoro da sfatare, perché chi ama non uccide.

    Oltre 100 donne ammazzate in Calabria e, tra queste, donne di serie A e donne di serie B. Quelle di cui si è parlato, che hanno fatto notizia, le prime; le altre perse senza che nessuno se ne accorgesse, e forse soprattutto in nome delle seconde va invocata e fatta giustizia. Poi i bambini, una violenza assistita, vittime due volte innocenti, verso cui a volte non è arrivata alcuna pietas prima della composizione del corpicino dentro la bara bianca, con i vestiti nuovi, il peluche o i pastelli.

    E, infine, la storia di Maria, morta suicida perché ancora nel 1983 una diciassettenne veniva destinata in moglie a uno sconosciuto. La madre vedova aveva pensato di assicurarle una vita senza problemi, consegnandola a un quarantenne, che la ragazza non sapeva prima. E così quel giorno Maria si era sistemata proprio come una diciassettenne, si era vestita bene, truccata, aveva dato lo smalto alle unghie e si era sparata. Col fucile che era stato del padre. Ma il perbenismo non la salva neanche da morta: arrivato il giorno dell’autopsia, i suoi compaesani ne avevano atteso il risultato: illibata, non illibata. Ma Maria era vergine, era morta vergine. A lei Mariapia Volpintesta si è rivolta soprattutto, perché emblema di una mentalità arcaica che non vuole scomparire.

    Su questo hanno continuato a riflettere anche Rossella Palmieri, psicologa e segretaria del CIF di Belvedere Marittimo, e l’avvocata Norina Scorza, che si sono soffermate sul fenomeno dello stalking e sui suoi aspetti legali.

    Le conclusioni, invece, sono state affidate all’onorevole Angela Napoli, la quale ha ammesso che in Calabria su questo fronte bisogna fare molto di più. Con la l’associazione Risveglio ideale, Angela Napoli, donna di grandi battaglie, fa sì che verità e giustizia siano dovute anche alle donne vittima di violenza, perché una società non è giusta se non pareggia i conti con tutte le sue sue parti più deboli, solo perché umiliate.

    Tania Paolino

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