Francesco Augieri, ‘punito’ per il suo altruismo

Il suo assassino l’ha accoltellato per sentirsi un “duro”

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    Il giorno del dolore e del rimorso. Il giorno del pianto e del risveglio. Di coscienza. Cosenza, domenica mattina, si è radunata a piazza Loreto, per dare l’ultimo saluto a Francesco Augeri, il 23enne ucciso a Diamante, al termine di una violenta rissa. Gli amici, gli Ultrà Cosenza, i familiari del 23enne, si sono stretti in un lungo, lunghissimo abbraccio. Un abbraccio, carico di dolore, di lacrime, di ricordi, di momenti, di disperazione, di incredulità. Un abbraccio che ha commosso anche il Cielo. Anche lui, infatti, ha “pianto” per Francesco. Il 23enne è stato salutato con cori, con fumogeni e con striscioni. Pur trattandosi di una giornata triste, all’interno e all’esterno della chiesa si respirava un’aria piena di vita.

    Perchè, Francesco, era così. Era ed è vita, era ed è un simbolo di altruismo, era ed è un esempio di amicizia, era ed è un modello di solidarietà. E, proprio l’altruismo, l’amicizia e la solidarietà, gli sono costati la vita. Perchè, Francesco, a differenza di chi, pur vedendolo accerchiato, picchiato, martirizzato e accoltellato, ha preferito starsene a distanza, godendosi lo «spettacolo», non sapeva voltarsi dall’altra parte, facendo finta di non vedere. No. Francesco, interveniva, Francesco c’era. Francesco, sapeva il valore dell’esserci. Sempre. Per gli amici, per gli altri, per chiunque. Francesco, infatti, in quel maledetto inizio giorno del 22 agosto, era intervenuto in difesa di un amico.

    Era intervenuto, per salvare una vita. Rimettendoci la sua. Il suo assassino, Francesco Schiattarelli, un ragazzo di soli 19 anni, cresciuto nella «culla» della prepotenza e della rabbia, non ha esitato a estrarre un coltello, conficcandoglielo, prima al cuore, poi alla gola e, perfino, alle spalle. Alle spalle, esattamente, come fanno i vigliacchi che, feriscono da dietro. Poi, approfittando di quella confusione, il 19enne, mimetizzandosi tra la folla di curiosi e di distratti, s’è allontanato in fretta dall’epicentro dell’inferno, dandosi alla fuga. Ma, si sentiva «braccato».

    Sapeva che i carabinieri, erano ad un «isolato» da lui, sapeva che la sua fuga, sarebbe stata interrotta. Ed è per questo, che domenica pomeriggio, s’è consegnato ai carabinieri. Il 19enne, uno dei tanti «demoni» del rione Sanità di Napoli, nonostante la sua giovane età, ha un «curriculum» delinquenziale, fatto di piccoli precedenti penali. Francesco Schiattarelli, impugnando quel coltello, si è sentito un duro, si è sentito forte. Si è sentito, quasi in grado, di dominare il mondo, di avere potere sulla vita. Degli altri.

    Ma, Francesco Schiattarelli, in quell’alba maledetta del 22 agosto, quella che è costata la vita a Francesco Augeri, quella che ha «macchiato» di sangue, la spensieratezza di un’aurora d’estate, quella in cui i sorrisi, il futuro e l’allegria di Francesco Augeri, della sua famiglia e dei suoi amici, sono stati «recisi», non ha agito da solo. Con lui, c’erano altri ragazzi, identificati e indagati per l’omicidio. Francesco Schiattarelli, quella sua aria da duro, quel suo istinto violento, quella sua indole strafottente e spavalda, l’ha mostrata anche sul suo profilo social. Scorrendo la sua pagina (diventata un bersaglio mobile d’insulti, di minacce, di cattiveria, ndc) si leggono frasi, considerazioni e pensieri che, sembrano i «comandamenti» di Gomorra: «amo la pace, ma se vuoi l’inferno, sarò Satana», o ancora «La famiglia, non è con chi nasci, è con chi scegli di morire».

    Francesco Augeri e Francesco Schiattarelli, uno vittima, l’altro carnefice, sono due vite distrutte. Una infilzata da un coltello, con una lama appuntita di morte e di dolore, l’altra «finita» dalla prepotenza e dalla rabbia. Complici che, probabilmente, gli costeranno la vita. Dietro le sbarre.

    Carmine Calabrese

     

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