Gennaro e il mistero dell’ernia ombelicale

Calvario ospedaliero per un 60enne. Il suo intervento chirurgico programma e rinviato diverse volte

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    Il paziente … dimenticato. Quella che state per leggere è l’ennesima storia paradossale della (mala)sanità calabrese. Sembra una storia shakespeariana, da commedia degli equivoci. Di equivoci, in questa storia ce ne sono tanti. A bizzeffe. Di commedia, invece, poca. Se non addirittura nulla. C’è invece tanta approssimazione, tanta superficialità e tanta confusione. Medica, diagnostica e procedurale. Ma, andiamo con ordine. Il paziente che, ormai di pazienza, scusate il gioco di parole, non ne ha davvero più, è un sessantenne di Acri. Gennaro (il nome è di fantasia, ndc) ormai da diversi mesi è finito prigioniero in un labirinto. Il sessantenne, infatti, affetto da ernia ombelicale, dal mese di luglio fa avanti e indietro da casa sua all’ospedale, per sottoporsi ad un intervento chirurgico. Un intervento, racconta la letteratura medico-chirurgica, delicato ma, routinario. Per tanti, non certo per Gennaro. Il sessantenne, nel mese di luglio, dopo l’ennesima visita in ospedale, viene messo in ista per un intervento chirurgico. Essendo un paziente, affetto da pregresse patologie, alcune delle quali anche serie, al 60enne vengono prescritte una dieta equilibrata, una terapia antibiotica pre-operatoria e una serie di punture di calciparina (farmaco utilizzato per la cura della profilassi e nei trattamenti contro la tromboembolia venosa e arteriosa, ndc) nonché i medici gli consigliano, anche, di sospendere l’assunzione della cardioaspirina. Dopo ulteriori accertamenti, un lungo e minuzioso controllo medico-specialistico, l’intervento di Gennaro, viene calendarizzato per la mattinata del 17 ottobre. Il giorno prima, si dovrà presentare in ospedale digiuno per il ricovero. Ed è qui che comincia il festival degli equivoci. Sì, perché, l’equipe chirurgica, si rende conto che le analisi del sangue di Gennaro, sono ormai vecchie.

    Quei valori ematici, quindi, non sono veritieri. Per cui, l’intervento chirurgico, viene annullato. Gennaro, infatti, viene sottoposto nuovamente a nuovi prelievi, nonché ad un nuovo elettrocardiogramma e a nuovi esami specifici. Qualche ora più tardi, i nuovi risultati permettono l’ok all’operazione. Che, però, viene nuovamente sospesa: manca un’ anestesia. E, per come impone il protocollo medico, in sala operatoria di anestesisti, ne servono due. Uno per la somministrazione dell’anestesia totale, l’altro, per il monitoraggio dei parametri vitali del paziente. L’intervento, quindi, viene “dilatato” di altri sette giorni. Al paziente, vengono prescritte altre punture di calciparina. Mercoledì, Gennaro, accompagnato dai familiari, si ripresenta in ospedale. E’ pronto per l’intervento. Ma, l’equipe chirurgica, gli comunica di non poter essere operato. Il motivo? Uno degli anestesisti, infatti, nella compilazione della cartella interventistica, aveva assegnato a Gennaro un “Asa 3” (si tratta di una classificazione dello stato fisico e patologico del paziente. L’Asa, classificato in una scala di valori tra 1 e 5, evidenzia per Gennaro il valore 3, considerato un valore alto e rischio. Nella cartella clinica, infatti, Gennaro viene classificato come “Paziente con disturbo sistemico severo o malattia di qualunque natura, anche se non è possibile definirne con certezza la gravità Angina, stato post-infartuale, ipertensione arteriosa non controllata, malattia respiratoria sintomatica ndc). Tradotto, significa: intervento rinviato e non effettuabile presso l’Ospedale di Acri. Gennaro e la sua famiglia, di pazienza non ne hanno davvero più. “Mio padre, lamenta polemicamente il figlio, è stato visitato un’infinità di volte, prosciugato di sangue, “bucato” alle braccia, “punzecchiato” alla pancia e alle gambe con dosi massicce di calciparina. Se, da un lato, è apprezzabile il senso di responsabilità degli anestesisti e dell’equipe chirurgica, dall’altro è ingiustificabile l’atteggiamento dei medici. Mio padre, conclude il figlio, è stato giudicato prima operabile e poi non più, da diversi medici. Quest’ernia ombelicale, deve essere tolta o no? Forse, più che ai medici di Acri, ci dovremmo rivolgere a qualche mago”.

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