Pace: «C’è un clima di vera e propria eversione costituzionale».

Categorico il presidente nazionale dei Comitati per il NO sulla consultazione referendaria del 4 di dicembre

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    Cosenza, Francesca Rennis

    Uno scacco matto alla libertà e alla sovranità popolare. La riforma costituzionale è lo smantellamento della democrazia consolidata tanto da creare uno sbilanciamento dei poteri e incidere negativamente sui diritti sociali previsti dalla prima parte della Costituzione. Non usa mezzi termini Alessandro Pace, presidente nazionale dei Comitati per il NO, durante l’incontro nella sala Nova della Provincia di Cosenza. Da costituzionalista autenticamente liberale, così lo definisce Silvio Gambino nel fare gli onori di casa, pone l’accento sul nuovo alfabeto utilizzato dal Ddl Renzi-Boschi. Un alfabeto da interpretare e comprendere nel suo più ampio contesto, definito sempre e comunque dai limiti della Carta costituzionale. L’analisi è strettamente tecnica anche se ritiene di doversi scusare per la troppa verve. La XVII legislatura sarebbe “viziata, incostituzionale” e nei dettagli spiega quella parte della sentenza della Corte costituzionale che è stata rimossa sia dal presidente Napolitano che dal governo e dal partito di maggioranza. «Con la sentenza di incostituzionalità della legge elettorale detta “porcellum” – sottolinea – anche la VXII legislatura doveva concludersi. Per di più la riforma consegue da un’iniziativa governativa e non da un’iniziativa parlamentare con il rischio di condizionarne l’approvazione alle scelte di indirizzo politico del Governo. E se vince il NO, la prima cosa è lo scioglimento delle Camere. Se prevale il SI viene legittimato questo quinquennio della XVII legislatura». Manca l’esercizio di cittadinanza, la sovranità popolare, anche nella riforma del Senato, che sarebbe privo di legittimazione democratica. Una spiegazione articolata, che prende in comparazione anche altri paesi europei e gli Usa. E quando passa ad esaminare la coerenza tra la prima e la seconda parte spuntano le criticità interne. I primi articoli sono disattesi dai cambiamenti della seconda parte cosicché per la sua disomogeneità «la riforma non può essere considerata una legge di revisione come previsto dall’art. 138 della Costituzione, secondo il quale il quesito sottoposto all’elettore dovrebbe essere unico ed omogeneo. Avendo la riforma un contenuto disomogeneo – evidenzia – essa coercirà la libertà di voto degli elettori che hanno a loro disposizione solo un Si e solo un No». E questo quando le agenzie di stampa diffondono la notizia che la Cassazione ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata dal Codacons all’Ufficio centrale per il referendum, per chiedere la correzione del quesito referendario relativo alla riforme costituzionali. «Siamo in un clima di vera e propria eversione costituzionale» – avverte Pace confermando la svolta centralistica in diversi punti della riforma, in linea con Silvio Gambino, presidente del Comitato provinciale del No, che nella presentazione aveva ribadito come «stiamo difendendo un progetto di civiltà anche per tutti coloro che, bombardati da informazioni senza par condicio, non riescono a comprenderlo». Moderato da Paolo Palma del Comitato promotore Referendum, al dibattito hanno preso parte Maria Pian Iannuzzi, presidente provinciale Anpi, che ha promosso l’iniziativa insieme al Comitato provinciale per il No, Luigi Capolupo del Comitato per il No del Pollino, Ferdinando Laghi dell’associazione “Medici per l’ambiente” Isde Italia, Mario Brunetti, deputato di Rifondazione comunista.

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