A Cosenza l’artrosi si cura con le cellule staminali

Ce lo spiega il dott. Marco Caforio (in foto), chirurgo ortopedico che illustra le recenti scoperte nel campo

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    Dall’ingegneria biomedica e tissutale alla chirurgia rigenerativa la possibilità cioè di impiegare le cellule staminali nella cura contro l’artrosi e quindi impiegare le cellule derivate dal grasso per rigenerare la cartilagine. Sono queste le più innovative e significative scoperte che hanno caratterizzato l’ortopedia moderna negli ultimi anni. “Trattare alcune patologie ortopediche, soprattutto in campo muscolo – scheletrico mediante la medicina rigenerativa è oltremodo significativo. E a mio parere rappresenta, insieme all’ingegneria biomedica – quella cioè in grado di sviluppare protesi o mezzi di sintesi con materiali e design più innovativi capaci di adattarsi meglio all’anatomia umana – la scoperta più notevole e innovativa degli ultimi trent’anni. A parlare è il dott. Marco Caforio, ortopedico specializzato in chirurgia protesica ed artroscopica, trasferitosi da circa due anni dalla Brianza a Cosenza dove vive e lavora. E la sua fortuna, come egli stesso confessa “è stata quella di trovare un ambiente accogliente e una città con stili di vita completamente diversi da quelli del nord Italia a cui era abituato, e che ora ama.

    “Le malattie degenerative ortopediche – spiega il sott. Caforio – trovano la loro massima espressione nell’artrosi (usura della cartilagine) che debilita circa il 15% della popolazione mondiale, inducendo disabilità fino al punto di limitare o bloccare la deambulazione e influenzare moltissimo l’umore e lo status generale della persona. Il tessuto cartilagineo degenera, cambia di costituzione e spessore a seguito di forze meccaniche, ad esempio dopo un trauma contusivo o distorsivo, come nel caso di molti giovani. Le continue sollecitazioni o microtraumi ripetuti, per sovraccarico funzionale, sono altre condizioni che portano all’usura della cartilagine, provocate da deviazioni assiali degli arti inferiori, obesità o per l’avanzare dell’età. Secondariamente altre malattie primitive del metabolismo cartilagineo o che inducono un passaggio di mediatori dell’infiammazione dalla membrana sinoviale alla cartilagine (come nel caso dell’artrite reumatoide) portano all’artrosi. Il reumatologo in questo caso fino ad ora ha cercato inibitori di questo processo infiammatorio, a volte anche autoimmunitario”. “Prima si tentava, attraverso tecniche artroscopiche, di stimolare la cartilagine, inizialmente con uno shaving, poi una condroabrasione, a seguire con le microperforazioni.

    Nell’ultimo decennio è stato scoperto il famoso gel piastrinico ”. “Oggi – conclude il dott. Caforio – si sfrutta la teoria condrogenica, cioè cercare di avere la cellula totipotente in articolazione, e il microambiente articolare la può far differenziare in cellula cartilaginea. Le cellule staminali che hanno la capacità di differenziarsi in cellule della cartilagine sono quelle mesenchimali che creano impalcature solide ma flessibili. Grazie allo studio ADIPOA, finanziato dall’Unione Europea durato 54 mesi che ha visto partecipi 12 centri, tra cui anche l’Italia, coordinato dal Centro dell’Università francese di Montpellier, oltre a confermare l’efficacia e la sicurezza dell’uso delle ADSCs, nel trattamento dell’artrosi del ginocchio, ha anche definito la dose ideale per una singola iniezione intra-articolare. Il protocollo prevede un prelievo di grasso da circa 20 ml per avere circa 100 milioni di ADSCs. Queste sono divise in provette poi reinoculate nell’articolazione stessa. Sebbene ad oggi possiamo contare su di un limitato follow-up, comunque con grandi e solide premesse, questa nuova tecnica risulta essere di notevole interesse che avrà riscontri sempre maggiori negli anni futuri, comunque farà aumentare la competitività dell’UE nel mondo nell’enorme mercato mondiale della medicina rigenerativa – la chiosa.

    Francesco Ciacco

     

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