Un anno fa il trionfo di Catanzaro. Il 28 agosto diventa una data rossa e blu

A Cosenza, oggi come ieri, il pallone è un atto di “devozione” come la cena della Vigilia, come le 13 pietanze di Natale, come la processione del Pilerio, come il voto a San Francesco o come la “sagna” domenicale

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    Come la cena della Vigilia, come le 13 pietanze di Natale, come la processione del Pilerio, come il voto a San Francesco, come la “sagna” domenicale, come il sugo della domenica, come i turdilli, gli scalilli e i chinulilli, come l’agnello di Pasqua, come i cuddrrurieddri dell’Immacolata, come la sfilata dell’88 per la promozione in B, come l’exploit nell’angloitaliano, come il destro di Marulla nello spareggio di Pescara, come l’esodo di Lecce, come il rosso con il blù.

    A Cosenza, oggi come ieri, il pallone è un atto di “devozione”, così forte da “mischiare” il sacro con il profano. Un atto di devozione che, dal 28 agosto del 2016, è entrato ufficialmente e di diritto nel calendario della tradizione cosentina.

    Quello 0-3 di Catanzaro, non è stata solo una vittoria sul campo e una festa sugli spalti, è diventata una pagina di storia. E’ diventata una leggenda. Erano ben 65 gli anni che separavano il Cosenza da un acuto nello stadio di Catanzaro. Un acuto che ha fatto “ammattire” di rabbia i supporters giallorossi e gli “inquilini” della Massimo Capraro e degli altri settori dello stadio catanzarese. Così come resterà negli annali, negli archivi fotografici e nella mente di ogni tifoso cosentino, la doppietta di capitan Caccetta e l’acuto di Gambino. Così come resterà memorabile la grande lezione di tifo, di stile e di goliardia che gli Ultrà hanno dato ai rivali giallorossi, simulando il trenino tra le gradinate del Ceravolo. Così come hanno fatto “auditel” le visualizzazioni sull’accoglienza trionfale che il popolo rossoblù ha fatto all’eroica pattuglia, rientrante dalla città capoluogo.

    Sappiamo bene che, purtroppo, quello del 28 agosto 2016 è stato solo uno dei pochi momenti trionfali vissuti dai Lupi di Roselli prima e di De Angelis dopo, durante tutta la stagione calcistica, conclusasi con gli applausi dei dodicimila del “Marulla, nel return match contro i ramarri. Oggi, 28 agosto 2017, esattamente un anno dopo da quel pomeriggio trionfale, l’atmosfera pallonara cittadina, più che profumare d’impresa, “puzza” di malinconia. Anche per colpa di quelle distrazioni singole e collettive che sono costate lo “scivolone” a Monopoli. Quei tre gol, incassati come pugni precisi sull’orgoglio di squadra, sull’appartenenza di maglia, sull’amalgama del gruppo, sulla solidità difensiva, sulla fragilità comportamentale dell’undici, anzi dei quindici scesi in campo, sostituzioni comprese, sul sostegno dei tifosi, encomiabili gli Ultrà della Curva Sud, hanno fatto e fanno male.

    Ma, per fortuna, siamo solo alla prima giornata. Il tempo per recuperare punti, cattiveria, morale e rabbia, il tempo per cementificare l’amalgama del gruppo e aumentare il tasso tecnico.tattico e qualitativo della squadra (ieri è stato ufficializzato l’under Boniotti, proveniente da Pordenone. Il diesse Trinchera è a Milano per puntellare ulteriormente la squadra in questa ultima tre giorni di mercato, ndr) c’è tutto. Ma questo Cosenza, questi giocatori, mister Fontana, il diesse Trinchera e il patron Guarascio, hanno bisogno dell’entusiasmo del “Marulla”. Quello visto contro il Pordenone, quello che fa tremare lo stadio, quello che terrorizza gli avversari, quello che carica i giocatori, quello che grida a squarciagola “Lupi Alè” o quello che salta sulle note dei Lumpen. Quello che contagia con quella “malattia che non va più via”. Ecco, quell’entusiasmo serve. Già contro la Paganese. E, per tutto il resto del campionato. E, poi, novembre è vicino. E, chissà….

    Carmine Calabrese

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