Annunziata, il “ciclone” malasanità è da allarme rosso

Dalla confusione del pronto soccorso, alla carenza di organico. Dalle “sviste” mediche, agli errori diagnostici. Dai sospetti di corsia, alle “chiacchiere” di reparto

Più informazioni su


    Camici “sporcati” dagli schizzi d’errore, coscienze “macchiate” dai sospetti, giuramenti (d’Ippocrate) “dimenticati” tra i bisturi e sale operatorie “occupate” da batteri. Killer. No, non sono gli ingredienti dell’ultima ed appassionante fatica letteraria di qualche sofisticato giallista. E’ la “radiografia” di quello che la cronaca, nera e giudiziaria, racconta dal lettino dell’Annunziata. Dalla confusione del pronto soccorso, alla carenza di organico. Dalle “sviste” mediche, agli errori diagnostici. Dai sospetti di corsia, alle “chiacchiere” di reparto. E, a quel bisogno di giustizia, necessità di verità, “tenute” in vita dal respiratore artificiale della speranza, monitorato dalla Procura. In questa storia, di “inventato” non c’è nulla. Di “noir”, invece, c’è tanto. Purtroppo. L’Annunziata, sempre più malato grave di “se stesso”, ritorna prepotentemente nell’occhio del ciclone. Dell’opinione pubblica e della giustizia. I due, gli ennesimi, più recenti casi di sospetta malasanità che hanno fatto finire il nosocomio cittadino sotto l’abbagliante luce dei riflettori e dei sospetti e hanno “strappato” la vita ad una neonata e ad un’anestesista, “gridano” giustizia e “pretendono” verità. E, lo fanno, con forza e convinzione. Le stesse, con le quali le famiglie delle due vittime innocenti, vogliono sapere chi, cosa e, soprattutto, perché ad una neonata è stato “spento” il sorriso e ad una 61enne è stata “negata” la vita e la pensione. Il caso più eclatante, anche se il decesso di una vittima innocente, è già di per se, un fatto eclatante, è legato alla scomparsa dell’anestesista. Conosciuta, stimata e ben voluta da tutti, talmente “aziendalista” da non aver avuto nessun dubbio su dove farsi operare: all’Annunziata. In quella “sua” casa, che amava. E, che l’ha “tradita”. Si racconta, addirittura, che la 61enne, al momento dell’intervento di laparoscopia cui è stata sottoposta, fosse cosciente e ben sveglia. Tanto, da essersi accorta che qualcosa non stava andando per il verso giusto. tanto, raccontano i soliti ben informati, da essersi resa conto che un suo collega, le aveva “bucato” l’intestino. Dando il via al suo calvario. Di dolore, d’angoscia e di morte. Per la sua morte, il procuratore capo della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo e i suoi pm, hanno iscritto nel registro degli indagati dieci persone. Tra medici e infermieri. Tutti presunti “cattivi”. L’accusa nei loro confronti è di omicidio colposo. Ma, se è stato un errore medico, una “svista” d’equipe, una negligenza specialistica o una leggerezza generale, lo diranno gli atti. A cominciare dall’autopsia. I familiari della 61enne, ancora profondamente scossi dall’accaduto e sospesi come funamboli tra sospetti e responsabilità altrui, hanno dato incarico agli avvocati Rossana Cribari e Roberto Le Pera, di andare fino in fondo. Di arrivare fino alla verità. L’unica che interessa, l’unica che conterà sulla “bilancia” della giustizia. Sul caso di Angelica (la neonata che è deceduta appena 48 ore, dopo essere “venuta alla luce”, ndc) non è ancora arrivato il momento di scrivere la parola fine. La Procura, infatti, (del caso si sta occupando il pubblico ministero Giuseppe Cozzolino, ndc) anche in questo caso, vuole vederci chiaro. I magistrati del quarto piano del Palazzo di Giustizia vogliono capire e scoprire se l’equipe medica, infermieristica e paramedica, in servizio nei reparti di Neonatologia e Tin (terapia intensiva neonatale, ndc) hanno fatto tutto quello che era nelle loro competenze per salvare la vita alla piccola. Ma c’è dell’altro. Un “ciclone” giudiziario, infatti, potrebbe abbattersi sull’Annunziata, facendo più danni di uno tsunami. Tutto è scritto, cristallizzato e minuziosamente raccontato, in un voluminoso faldone, depositato in Procura dagli avvocati Massimiliano Coppa, Paolo Coppa, Luigi Forciniti e Marianna De Lia. I quattro penalisti, tra i massimi esponenti di colpa medica, sospettano che “le precarie condizioni igieniche delle sale operatorie, la presenza di pericolosi germi, l’alto rischio di focolai attivi di contaminazione, hanno potuto causare il decesso di diversi pazienti, nonché hanno costretto altri pazienti a vivere “prigionieri” di postumi altamente invalidanti”. Insomma, la situazione della sanità pubblica cosentina è davvero da “elettroencefalogramma piatto”, con “battito cardiaco lento” e “respirazione flebile”, ricoverata in prognosi riservata e alimentata dal respiratore artificiale.

    Carmine Calabrese

    Più informazioni su