La rissa dell’Epifania ‘cancellata’ con un perdono. Del tribunale

La giustizia, non sempre e solo condanna o assolve, ma, a volte, perdona anche “peccati” gravi

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    Arriva il perdono. In nome del Popolo Italiano. Come quello di Fabio (il nome è di fantasia, ndr) uscito “illeso” dall’aula del Tribunale dei Minori di Catanzaro, con un verdetto di perdono giudiziale in tasca e con la fedina penale “smacchiata” da accuse e guai. Giudiziari. Fabio, infatti, è stato assolto dalle accuse di violenza privata e minaccia e perdonato dal reato di lesioni gravi. Un perdono, voluto, ottenuto e concesso anche grazie alla determinazione dell’avvocato Chiara Penna, legale di fiducia dell’imputato. Per raccontare meglio questa storia giudiziaria, dall’epilogo del perdono, bisogna fare un bel salto indietro nel tempo. Esattamente al 5 gennaio del 2015. Epicentro della storia è Parenti, centro della Valle del Savuto, noto per i suoi “carri” in gara, noto per le sue sagre, noto per la qualità oligominerali e benefiche delle sue acque, e da oggi noto anche per un caso di “perdono” giudiziale. E’ la notte del 5 gennaio, viglia dell’Epifania, Fabio, all’epoca dei fatti minorenne, è ad un veglione. A quel veglio c’è tanta gente, c’è tanto chiasso, c’è tanta musica, ma c’è anche tanto alcol che “brinda” dentro e fuori il locale. Durante il veglione, succede che le vite di Fabio e quella di Roberto (oggi 24enne, vittima e “battezzato” con un altro nome di fantasia, ndr) si scontrano. Una collisione fatta di spintoni, calci e pugni. Nella zuffa, però, Roberto le prende e, anche, di brutto. Rimediando la frattura di un braccio e un sacco di minacce. Anche pesanti. Come quella di essere “zittito” da una pistola se avesse osato denunciare l’aggressione o riferito la zuffa. La lite, partita dentro ed “esondata” fuori dal locale, come l’alcol che per tutta la festa ha “bagnato” e “ubriacato” la vigilia dell’Epifania, viene sedata dai carabinieri. I militari dell’Arma fanno davvero fatica a mettere le cose a posto. Il caso finisce in Tribunale e Fabio si ritrova di colpo davanti ai giudici di Catanzaro. Prima di “esordire” in aula, con l’etichetta di imputato, Fabio passa attraverso un tentativo di messa alla prova. Miseramente fallito. Fabio, esuberante e irruento come la sua età, non sopporta le regole. Nei suoi “impeti” di onnipotenza minorile, lotta contro tutti e sfida tutti. Le udienze vanno avanti, come la “sfilata” in aula dei testimoni. Ma, tanti testi, ricostruendo quella nottata di spintoni e cazzotti, di pugni “psichedelici” e minacce “techno”, non forniscono indizi e dettagli particolari su quella notte. Nessuno, infatti, ha visto bene, nessuno, infatti, ha sentito nulla, nessuno, infatti, ha partecipato. Le “scivolate” in aula dei testi, permettono all’avvocato Penna di rafforzare la posizione del suo assistito, mettendo in evidenza anche le incongruenze della vittima. Già la vittima. Anche Roberto, infatti, viene “inchiodato” dalle sue responsabilità. A cominciare da quelle minacce indirizzate via chat all’imputato per 5 euro, vinte al gioco. Un debito di soli 5 euro. Un debito che avrebbe “innescato” la miccia della lite. Ma di quella lite, così come di quella miccia, non ce n’è più traccia. I giudici del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro l’hanno cancellata, perdonando Fabio da tutte le accuse.

    Carmine Calabrese

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