Anche il “grande fratello” incastra Galizia

L’uomo ora è in isolamento. Intanto le indagini vanno avanti. A caccia di novità e di sviluppi.

Più informazioni su


    Romanzo criminale. Di provincia. Nonostante il fermo di Luigi Galizia, le indagini sul duplice omicidio di San Lorenzo del Vallo, sono ben lontane dall’essere chiuse con il timbro del ceralacca. C’è ancora tanto da scoprire, ci sono ancora tasselli da sistemare per completare il puzzle dell’accusa. A cominciare dalla rete di complici e fiancheggiatori che hanno “sostenuto” il 37enne, aiutandolo nella fuga e forse spingendolo a premere il grilletto. Tredici volte, con quella calibro 9, con cui si è fatto “giustizia” e con cui ha “consumato” la sua vendetta. Luigi Galizia, finito in manette nella tarda serata di venerdì, è “ospite” nel carcere di via Popilia, in una cella d’isolamento. Guardato a vista, per ragioni di sicurezza. Soprattutto personale. La trama di questo romanzo criminale, scritta a quattro mani dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e dai detective della squadra Mobile di Cosenza, racconta di una lunga scia di indizi che hanno condotto gli inquirenti all’assassino. Come in un appassionante noir, gli inquirenti hanno scovato il killer, lavorando in silenzio. In quello stesso silenzio, con cui hanno dovuto fare i conti. La comunità di San Lorenzo, infatti, non ha inteso partecipare alla lunga fase investigativa, preferendo voltarsi dall’altra parte e, ancor di più, scegliendo di farsi gli affari propri. Edda Costabile e Ida Maria Attanasio, crivellate di colpi e massacrate di piombo, non hanno avuto pietà né dal killer, né rispetto e comprensione dai loro stessi concittadini. Pronti a riversarsi in piazza e in chiesa, per esserci e per farsi vedere, piuttosto che recarsi in procura e dai carabinieri per raccontare quello che avevano visto, forse sentito o saputo. Ma, sappiamo bene che alle nostre latitudini e longitudini, la legge dell’omertà e del silenzio vince, anzi, stravince sulla legge della giustizia e della verità. Non sempre, per fortuna. Ma, purtroppo, a San Lorenzo del Vallo, è andata così. Lo ha denunciato, in più occasioni, lo stesso procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla, ribadendolo anche nel corso della conferenza stampa di sabato mattina in Prefettura. Lo hanno ribadito, con forza, carabinieri e poliziotti, lasciati da soli sul campo a lottare contro un cattivo e i suoi complici, silenziosi. Ma, nonostante tutto, nonostante l’indifferenza generale, nonostante le bocche cucite, gli occhi abbassati e le mascelle serrate, gli inquirenti hanno fatto un lavoro straordinario. Reso ancora più prezioso dalla bravura dei “cacciatori” di indizi e di tracce biologiche. Il lavoro oscuro e fondamentale dei Ris e dei poliziotti della Scientifica, effettuato all’interno dei propri laboratori, ha fatto tanto. Ha fatto tutto. Ha fatto “parlare” la scena del duplice omicidio, ha fatto “urlare” i corpi, ha fatto “sentire” il puzzo del piombo. Fin dentro l’auto di Luigi Galizia. Dentro la sua Alfa 156, quella che i carabinieri, nel corso di un giro di perlustrazione del territorio, avevano trovato con il finestrino abbassato, con la chiave inserita nel cruscotto e con il quadro elettrico spento, nelle vicinanze del Santuario di Spezzano Albanese, quella con cui, i carabinieri “leggendo” ore e ore di istantanee e servizi filmati, hanno scoperto essersi allontanato dall’epicentro del duplice omicidio, dopo aver fatto fuoco. Anche le telecamere, installate lungo San Lorenzo e nelle vicinanze del cimitero, hanno inchiodato Galizia. Smontando il suo alibi. Il “grande fratello” della tecnologia, infatti, ha raccontato quella domenica di Galizia. Iniziata poco prima delle 10, al bar del centro. Proseguita con la “9” in tasca, verso il cimitero e finita con la fuga a tutto gas, lungo via della Libertà. Sperando di aver indovinato lo “svincolo” giusto, per farla franca. Ma, per fortuna della legge e della giustizia, il suo piano criminale e di fuga, non è andato per come lo aveva pianificato, finendo in manette. Dopo oltre dieci ore di interrogatorio e dopo oltre un mese di analisi e sospetti. Ora quel fermo aspetta di “passare” al primo colpo l’esame davanti al Gip. E, la Procura spera di poter festeggiare l’arresto.

     

    Carmine Calabrese

    Più informazioni su