I ragazzi di Villa sorriso

Cosenzainforma.it è stata, ieri pomeriggio, tra gli immigrati della casa d'accoglienza di Fuscaldo marina

Più informazioni su


    Qualcuno gioca passandosi la palla nel cortile, altri ascoltano la musica, altri giocano col cellulare. Quando si accorgono di noi ci vengono incontro, fuori dal cancello del centro d’accoglienza per immigrati “Villa sorriso” a Fuscaldo marina. Abbiamo improvvisato la visita ieri pomeriggio portandoci dietro il panettone per festeggiare il nuovo anno insieme e le intenzioni si vedono. Dapprima si avvicinano in quattro un po’ timorosi, con loro c’è anche il mediatore culturale Albert. Proviene dal Senegal, ha 44 anni e vive in Italia da due. Il tempo per lavorare in una palestra e svolgere attività sportive presso il Liceo di Cetraro. Risponde lui a quasi tutte le domande che gira ai ragazzi; le ragazze sono appena sei e se ne stanno in disparte. Ad ascoltare ci sono anche i consiglieri di minoranza Andrea Filella e Maria Concetta Carnevale che mi hanno accompagnato in questa visita un po’ fuori dalle righe e dai protocolli. Albert mi spiega che nel centro ci sono attualmente, oltre alle sei ragazze di cui una minorenne, 34 giovani. Il più grande ha 40 anni. Il centro, dove vivono in quattro o cinque per ogni appartamento, passa i beni di prima necessità e ha attivato corsi di alfabetizzazione linguistica dal francese e dall’inglese, a seconda della lingua madre; inoltre, si avvale per la soddisfazione di particolari bisogni materiali dei contributi provenienti dalla parrocchia del Cariglio e da gruppi di volontariato locale. Non hanno ancora verbalizzato la domanda per richiedere il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero non hanno ancora compilato il famigerato modello C3, cosicché le loro storie di emigrazione dai paesi africani d’origine possiamo solo intravederle dagli sguardi smarriti e incerti,così come le aspettative e le paure. Dalla traduzione di Albert capisco ancora che si trovano a Fuscaldo da 50 giorni, ma per dieci di loro l’arrivo risale solo a dieci giorni fa. Sono giunti nella cittadina tirrenica dopo essere stati smistati a Reggio Calabria, dove sono giunti via Trapani; la maggior parte proviene da realtà contadine ed è analfabeta. Aspirano a mestieri come quello del cuoco, del sarto, dell’autista, del muratore o operaio, ma c’è anche chi vorrebbe diventare calciatore o fabbro. Tra di loro c’è anche un artigiano che mi fa vedere le sue produzioni dal cellulare. Quando chiedo loro se hanno nostalgia delle loro case e delle loro famiglie sorridono, dicono che non hanno tempo per questo perché ormai hanno lasciato tutto alle spalle e vogliono guardare solo avanti. Uno sguardo rivolto alle possibilità che può offrire una vita in Italia, dove la maggior parte vorrebbe rimanere, mentre il mio sguardo si ferma sulle calzature di un ragazzino appena diciottenne proveniente dal Ghana. Alla mia meraviglia e alla domanda sui motivi che lo portano ad indossare gelidi infradito da mare risponde di non volersi rovinare le scarpe mentre gioca a pallone. Alpha, Alsenio, Alseyni, Musta, Sylva e Moustapha sono alcuni di questo gruppo. Per un destino avverso si ritrovano a condividere spazi in comune e, magari, quelle stesse speranze per le quali abbiamo anche noi festeggiato stanotte inebriandoci con fiumi di spumante pregiato.

    Francesca Rennis

    Più informazioni su