I Verdi Ecologisti Calabria: ‘Le bonifiche non si rimandano. Occorre agire subito e bene!’

“Fare in fretta l’ex Legnochimica è troppo vicina ai centri abitati". La storia della fabbrica che fa paura

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    Pubblichiamo una nota dettagliata sulla ex Legnochimica di Rende a cura di Enzo Pianelli -Esecutivo Regionale Verdi Ecologisti Calabria:

    L’ultimo evento verificatosi nel sito dell’ex Legnochimica di Rende ha messo in luce, se ancora ce ne fosse bisogno, l’urgenza di bonificare l’intera area senza ulteriori rinvii. L’opificio in questione è  un’industria sorta alla fine degli anni sessanta (1969) e specializzata nella lavorazione del legno (epoca in cui la componente ambientale, ed ancor più le esigenze di porre in essere interventi a tutela dell’Ambiente, non erano per nulla considerata!!!). In particolare nell’industria in esame si estraeva il tannino e si producevano pannelli in fibra di legno. Per l’estrazione del tannino si utilizzava il legno di castagno, mentre per la produzione dei pannelli si utilizzavano legni bianchi e castagno privo di tannino. Per il primo processo i residui, composti da fibre di legno, venivano accumulati nei piazzali e per l’intero processo di lavorazione venivano impiegati reagenti chimici e grandi quantità d’acqua, che, dopo le rituali fasi di lavorazione, veniva accumulata nei cosiddetti “bacini artificiali” per la decantazione delle fibre di legno e per essere successivamente riutilizzata.

    Anche per la lavorazione dei pannelli, che avveniva per cottura a vapore, si utilizzavano grandi quantità d’acqua che veniva sversata nei bacini artificiali. Nell’anno 1992 l’industria chiude la linea di produzione di pannelli e nel 2003 cessano tutte le attività industriali della Legnochimica e dal 2006 viene posta in liquidazione. Inframmezzato a questo periodo, nel sito viene costruita una centrale a biomasse. Dal piano di caratterizzazione (che non è altro che effettuare i Campionamenti nelle matrici ambientali, suole e acque sotterranee al fine di verificare la conformità alle CSC ( Concentrazione Soglia di Contaminazione) eseguito dall’Azienda era emerso una contaminazione del suolo e del sottosuolo dovuto alla cessione dei componenti chimici trattenuti nelle fibre legnose.

    Dal momento della dismissione della fabbrica ad oggi si sono susseguite, inutilmente, diverse conferenze di servizi per la preparazione di un  ‘piano di bonifica’’.Dal 2008 s’inizia a lavorare per mettere in sicurezza l’intero sito, attraverso un piano di caratterizzazione, ma senza un buon esito, fino ad arrivare al 2010 anno in cui l’ ex Legnochimica viene posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica, che avvia autonomamente un procedimento di verifica dello stato d’inquinamento dell’area. Le conferenze di servizi che si sono tenute dal 2012 in poi, tra i Soggetti competenti, hanno portato all’ approvazione del “piano di caratterizzazione integrativo dell’area dello stabilimento ex Legnochimica di Rende”.

     C’è da dire che le stesse autorità non hanno approvato il Piano di Bonifica perchè carente e non rispondente a quanto stabilito dalla legge in materia.Tra l’altro era stato chiesto all’azienda Legnochimica, in veste di responsabile dell’inquinamento (dalle autorità Competenti: Regione, Arpacal, Provincia e altri soggetti pubblici), di rimodulare il Piano eseguendo ulteriori campionamenti sul sito e di provvedere, contestualmente, allo smaltimento dei “dei rifiuti liquidi” contenuti dei bacini artificiali (nella sostanza: i sedimenti che sono andati a fuoco). Burocraticamente l’iter è andato avanti senza trovare nessuna soluzione tra le parti interessate. Il che, periodicamente, si verificano per diverse cause gli incendi delle sostanze contenente nei laghi.                                                              

    Tanti sono i siti in Calabria – rileva Aurelio MORRONE, co-portavoce dei Verdi Ecologisti – che aspettano di essere bonificati (tra cui questo dell’ex Legnochimica) e che rappresentano una costante minaccia per l’ambiente e la salute dei cittadini. A questo disastro causato da un’attività antropica poco attenta (delinquenziale in alcuni casi) non si pone rimedio con i reiterati rinvii allungando a dismisura i tempi di bonifica e nemmeno con la solita lamentela degli inquinatori, quando in alcuni casi dal legislatore, a causa dell’elevato costo dell’operazione.

     La salute delle persone e la tutela degli ecosistemi – dichiara ancora Aurelio MORRONE – viene prima del profitto delle aziende. Purtroppo, il mancato rispetto dei principi (contenuti negli ordinamenti comunitari e nazionali) di tutela come: “chi inquina paga” o il “principio di precauzione ”dimostra che c’è ancora molto da fare e che ad avere la meglio sono gli stessi inquinatori che approfittano di un sistema “lassista”, che finisce per far pagare, doppiamente, la bonifica dei siti inquinati agli stessi cittadini, che loro malgrado vivono nelle vicinanze dei luoghi inquinati, contraendo – spesso – patologie legate all’ambiente malsano da un lato, senza contare lo sperpero di risorse per l’impiego di fondi pubblici.

     

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