A scuola di razzismo, contro stereotipi e luoghi comuni

Ne ha parlato Maurizio Alfano con gli studenti del Liceo Metastasio di Scalea

Più informazioni su


Parlare di razzismo in una scuola si può, si deve. Evitando luoghi comuni e stereotipi. Lo ha fatto Maurizio Alfano, ricercatore di politiche migratorie, al Liceo scientifico Metastasio di Scalea, incontrando i ragazzi del biennio e del triennio. E’ riuscito ad avere, così, la percezione di due fasce di età e del rispettivo modo di affrontare il problema. Perchè, in effetti, si tratta di un problema dai molteplici aspetti, fondato essenzialmente sull’ignoranza di alcuni fenomeni storici e sullo scarso o mancato ricorso ai dati e alla relativa documentazione. Alfano, senza peli sulla lingua, ha detto: bisogna prendere una posizione. E, per farlo, occorre conoscere la realtà dei fatti, essere disposti a cercare la verità, rifuggire, come si diceva, dai luoghi comuni. Paradossalmente – ha continuato – tutti siamo razzisti: diffidiamo di ambienti o persone che non conosciamo e per questo assumiamo un atteggiamento di difesa, cosa naturalissima. Il passo successivo può essere la conoscenza reciproca oppure la discriminazione e l’indifferenza. La seconda è deleteria quanto o addirittura più della prima. Se però prevale la prima, sarebbe auspicabile coniugare l’umanitarismo con la carità cristiana e il concetto laico di solidarietà. Alfano, quindi, ha iniziato a sciorinare dati demografici: quella che si percepisce e che viene fatta passare per un’invasione è nella realtà costituita da poco più di 5 milioni di stranieri, corrispondente all’8% della popolazione italiana. Ha fatto seguire un lungo excursus sulla storia e le tipologie del razzismo: da quello di dominio a quelli di sterminio, culturale e “democratico. Quest’ultimo è tipico dei nostri giorni e consiste nel negare l’accesso degli stranieri nella istituzioni. Un “razzismo per bene”, insomma, per parafrasare il suo saggio, dal titolo Italiani, razzisti per bene. Alfano ha concluso con l’invito al confronto e alla documentazione, unica strada per evitare i pregiudizi e le false verità, nella consapevolezza che il razzismo sia funzionale a un certo sistema economico, che porta inevitabilmente allo sfruttamento delle categorie più povere. Sono proprio i poveri, gli ultimi, a subire discriminazioni e ingiustizie. Ma non sono i più poveri a lasciare il proprio Paese e a venire da noi, in Europa. Così come non sono sempre i migliori a lasciare il nostro. Altri spunti di riflessione…

Tania Paolino

Più informazioni su